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Ditesti

martedì 19 settembre 2017

Hillsfar the Hybrid game


  Immaginando di avere tra le mani una confezione originale del videogioco Hillsfar, è questo il momento in cui si solleva il coperchio per vedere cosa abbiamo acquistato: c'è il disco (o più di uno) dove è registrato il programma, poi tre supporti cartacei; il primo è il manuale di gioco stampato a colori, segue il Cluebook sempre di buona qualità e infine abbiamo la Codewhell. Quest'ultimo è il celebre dispositivo “meccanico” con il quale i produttori del videogioco cercavano di arginare il fenomeno delle copie illegali dei software. 
  Alla fine degli anni '80 la Scienza Informatica ancora non aveva risolto le problematiche del dilemma per i calcolatori elettronici: i computer a differenza della Console da gioco erano macchine molto versatili e alla loro capacità di leggere le informazioni (e i programmi) corrispondeva quella di poterli scrivere, cioè di poter copiare i dati da un supporto all'altro — e tra l'altro ieri come oggi quando si lancia un'applicazione tutti o parte dei suoi dati presenti nei dischi fisici vengono copiati nella RAM per essere eseguiti. Imporre dei sistemi anticopia era molto complicato, molti sistemi operativi proprio non offrivano questa possibilità e, in ultima istanza, era anche inutile, bastava anche un solo “hacker” che scoprisse il modo per aggirare la protezione affinché sul mercato nero dei videogiochi dilagasse l’ultimo titolo uscito.
  Quindi per evitare questo, non potendo impedire la copia del software – che in molti paesi è considerata legale allorquando si possiede un originale – gli editori dei Videogame si ingegnarono puntando sulla difficoltà che ancora esisteva a quel tempo nel riprodurre e far circolare il materiale cartaceo; le fotocopiatrici ancora non erano così diffuse e usarle costava tanto da essere un buon deterrente allo “spaccio” di videogiochi piratati già sulla scala della bancarella sottobanco. Perciò, come alcuni potranno ricordare, la maggior parte dei videogiochi per Home e Personal Computer avevano dei check all’inizio di ogni partita o nel corso della stessa, dove si chiedeva al giocatore di aprire il manuale alla pagina X e di trovare la parola Y alla riga Z, in prima, seconda, terza posizione… e di scriverla. In questo modo, senza avere la documentazione originale a disposizione, fin quando non si riusciva a trovare un modo per rimuovere la protezione sul software, non si sarebbe potuto giocare se non per pochi minuti, e allora le copie non autorizzate erano piuttosto utili solo per invogliare all’acquisto.


  Quelli della SSI però vollero andare oltre questo sistema per escogitarne uno più sofisticato e raffinato. Crearono una Codewhell, ossia un “aggeggio” fatto da tre dischi di carta plastificata tenuti assieme da un rivetto al centro che fa da perno per le loro rotazioni. Il disco più esterno e più largo di tutti, riporta i caratteri della scrittura Dethek, usato nei Reami dagli uomini; quello mediano ha le rune dell’Espruar sul suo bordo e infine il terzo e più ristretto disco presenta 18 finestrelle disposte sulle traiettorie di tre archi. 
  La raffinatezza di questo meccanismo consiste nel suo essere identico alle Rotule usate nel Medioevo (e oltre) per la decifrazione dei messaggi in codice. Come protezione dalle copie illegali funzionava chiedendo al giocatore di far combaciare due o più caratteri “runici” per digitare le lettere corrispondenti in lingua inglese (o nei caratteri latini). Si comprende che non era così facile riprodurre fedelmente questo “aggeggio” in modo che funzionasse impeccabilmente.
  Il manuale di gioco e il Cluebook sono invece dei piccoli libricini il cui contenuto appare chiaro sin dalla prima occhiata, ma il Cluebook in particolare va sfogliato con cautela se non si vuole “spoilerare” tutto il gioco, pur se (vedi oltre il perché) questo contiene anche quattro diversi racconti scritti da autori della TSR, tra cui James Ward. Il Cluebook sostituisce l’Adventure Journal che invece era presente in Pool of Radiance e in Curse of the Azure Bonds, nel quale erano stati scritti i passaggi narrativi che non erano inseriti direttamente nelle schermate del gioco, e forse fu a partire da Hillsfar che la TSR aggiunse questa “categoria” di pubblicazioni per i suoi videogiochi, in parte perché alcuni dei successivi titoli saranno davvero lunghi e complicati da portare a termine, e forse perché si andava così a replicare la suddivisione tra i Player’s Handbook(s) e i libri per i Dungeon Master. Tuttavia anche Hillsfar, seppure non sembri a prima vista un videogioco molto lungo e complesso, rende necessario qualche aiuto ai giocatori. Lo si scopre quando sul manuale si superano le istruzioni tecniche (presenti per tutte le versioni su un solo volume) e si arriva a conoscere l’avventura più direttamente.


  In primo luogo la continuity

  Hillsfar è direttamente nella Continuity di Pool of Radiance e Curse of the Azure Bonds, ma si può posizionare in modo flessibile secondo la scelta del giocatore:

  1) può essere giocato indipendentemente da tutto qualcosa il giocatore decida di creare un nuovo PG;

  2) può essere giocato dopo Pool of Radiance e prima di Curse of the Azure Bonds se il giocatore decide di trasferire i suoi personaggi da PoR su Hillsfar, ma non sarà poi possibile ri-trasferire i PG su PoR;

  3) può essere giocato in contemporanea con CotAB, cioè prendendo “a pretesto” le soste presso Hillsfar che sono possibili fare durante la Quest dei Legami Azzurri e, nella pratica, si trasferiscono i PG da CotAB a Hillsfar con la possibilità di riportare i PG con i loro progressi nel primo videogioco e di reintegrarli nel Party;

  4) si può giocare Hillsfar dopo aver concluso i due titoli precedenti con gli stessi PG sopravvissuti.

  Per questo aspetto, che lascia al giocatore la possibilità di condurre la sua storia dei suoi personaggi nonostante le limitazioni rispetto al Tabletop, Hillsfar è videogioco di ruolo anche se è…

  Un videogioco ibrido

  1) Su Hillsfar è possibile muovere un solo PG alla volta dall’inizio alla fine dell’avventura, e non un gruppo intero come nei quattro titoli che erano già usciti prima nel 1989 – naturalmente il “numero non conta” mai ai fini di definire cosa è un GdR e cosa non lo è;

  2) Hillsfar mescola uno stile di gioco che appare (ancora non mi sono addentrato nel programma) simile per molti versi ai giochi sviluppati su Goldbox, sopra una mappa visibile al tempo stesso a due e a tre dimensioni, con però delle “sessioni” puramente Arcade (cinque istanze diverse), alcune fisse, altre che subentrano in date circostanze, positive e negative – e queste istanze Arcade non rispettano le regole di AD&D, mentre su Goldbox le regole venivano applicate integralmente – probabilmente si trattava di un esperimento per vedere la reazione del pubblico a questa combinazione di stili di gioco diversi;

  3) Hillsfar non ha una “vera” storia – a differenza dei titoli già visti ed esplorati nel dettaglio su questo blog, i quali erano scritti con una Quest unica da completare, Hillsfar non ha neppure una storia di partenza dotata di un criterio determinato – semplicemente “un gruppo” di avventurieri si trova nei pressi della città e uno di loro si dirige lì per… visitarla, far provviste, sentire le novità, mettersi nei guai.

  In realtà ci sono quattro Quest nel gioco, ma sono riservate per ogni Classe a cui il PG scelto per giocare appartiene (i Biclasse possono farne due). Ne consegue che per esplorare tutta la città con quello che ha da offrire, si deve giocare ad Hillsfar almeno quattro volte dall’inizio alla fine con un PG diverso.
  Ciò nonostante il videogioco sembra restare “di ruolo” e si può dire che il duo SSI e TSR (più soci) nel 1989 avevano offerto davvero una grande varietà nei ben cinque titoli fino ad allora pubblicati per quell’anno.

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