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Ditesti

giovedì 24 agosto 2017

[saggio breve] La Cantica dei Draghi

Pubblico qui l'analisi del componimento poetico noto come «La cantica dei draghi» pubblicato sul romanzo «I draghi del crepuscolo d'autunno» come introduzione alla saga di Dragonlance.

Il testo dalla traduzione italiana di Stefano Negrini per l'edizione Mondandori

Udite il canto del saggio,
che come pioggia o lacrime
scende a tergere la polvere degli anni
dalle mille storie della saga di Dragonlance.
E fu che in epoche remote, oltre la memoria e la favella,
al primo sbocciare del mondo,
quando le tre lune si levarono dal grembo della foresta,
draghi terribili e smisurati
dichiararon guerra al mondo di Krynn.

Ma dalla tenebra dei draghi
e dalle grida di chi implorava luce
al tetro cospetto della luna nera
s'accese sommessa una luce in Solamnia,
e il campione della verità e del coraggio
si appellò agli dèi stessi
e forgiata Dragonlance tremenda
dilaniò il cuore della stirpe di drago
e ne scacciò le ali oscure
dalle chiare riviere di Krynn.

E così fu che Huma, guerriero di Solamnia,
Portatore di Luce e Primo Lanciere,
seguì la propria luce fino ai piedi dei monti Khalkist,
fino ai piedi di pietra degli dèi,
fino al silenzio attonito del loro tempio.
Si appellò ai Fabbricanti di Lance, assunse
il loro indicibile potere di annientare l'indicibile insidia,
di ricacciare la tenebra serpentina
nella voragine della gola di drago.

Paladine, gran dio del Bene,
fu di Huma al fianco
e fece forti il suo braccio destro e la sua lancia -
e Huma, alla luce di mille lune,
bandì la Regina delle Tenebre
e scacciò l'orda dei suoi striduli sicofanti
nel regno astruso della morte, dove le loro imprecazioni
cadevano sul nulla e poi sul nulla ancora
lontano dalla terra rischiarata.

Crollò così l'Età dei Sogni
ed iniziò l'Età dei Forti.
E Istar, regno della luce e della verità, sorse in Oriente,
e minareti di bianco e d'oro
si levarono al sole e alla sua gloria
annunciando la fine del male,
e Istar, madre e nutrice delle lunghe estati del bene,
brillò come una meteora
nei cieli limpidi dei giusti.

Ma pure nel chiarore
il Gran Sacerdote di Istar vide ombre:
di notte vide alberi come armati in agguato, fiumi
scuri ed ispessiti sotto la luna muta.
A lungo cercò nei libri
i segni e gli incantesimi delle vie di Huma,
così da poter anch'egli nella santa causa
chiamare a sé gli dèi
e mondare il mondo del peccato.

E venne poi il tempo del buio e della morte,
quando gli dèi si negarono al mondo.
Come una cometa, una montagna di fuoco devastò Istar
e la città si spaccò come un cranio tra le fiamme,
i monti si levarono dalle valli un tempo fertili,
i mari si gettarono nelle tombe delle montagne,
i deserti mormorarono sul fondo arido dei mari,
le strade di Krynn esplosero
e divennero i sentieri dei morti.

Cominciò così l'Età della Disperazione.
Le strade si persero, il vento e la sabbia
la fecero da padroni tra le rovine delle città,
le pianure e le montagne divennero la nostra casa.
Abbandonati dai vecchi dèi imbelli,
squarciammo il freddo grigio ostile del cielo
con la nostra invocazione a nuovi dèi.
Il cielo è calmo, muto, immoto.
Ancora non ci hanno risposto.


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