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Ditesti

mercoledì 3 luglio 2013

Le spinte del Potere (la Strutturazione dell'Infamia pt. 5)


Mi domando: cosa c'è di più solenne dello sforzo di osservazione, di catalogazione, di dettagliamento e di analisi che ben oltre le spesse volte ma praticamente sempre viene usato dalle persone, impegnando anche saperi di alto valore intellettuale per ottenere quel genere di conoscenza tale da permettere di compatire o distruggere o svilire una persona con un “povero disgraziato!”, alla fine di una ben ponderata dissertazione?
Dove sta lo spreco e la perversione in tutto ciò? Nell'asservimento:
«Sarebbe indubbiamente facile smantellare il potere, se esso si limitasse a sorvegliare, spiare, sorprendere, proibire e punire; ma esso incita, suscita, produce, non è semplicemente occhio e orecchio, ma fa agire e parlare...»


...perché dall'accumulazione della miseria nasce ricchezza, in vaste quantità ma anche in forme e mode a dir poco inaudite se osservate per la prima volta.
Per le paginette di Foucault esiste un altro ordine di lettura possibile. Esso ci spinge verso riflessioni di tipo più letterario riguardo le leggende nere degli uomini infami, i quali, sostanzialmente sono una teoria di figure dotate di nomi e di accenni a imprese e malefatte «che dietro questi nomi non dicono nulla» a parte fatti di uomini vissuti e morti patendo sofferenze, terminando assoggettati a delle cattiverie, divenendo oggetto di gelosie e tema di dicerie – cioè di tutta quella spicciolatura la quale sì costella il vivere quotidiano di tutti (come s'era detto) ma desta in molti sdegno e raccapriccio quando diviene materiale utilizzato per l'assoggettamento giuridico di qualcuno, spesso a favore di altri in dispute concernenti rapporti di proprietà o di ubbidienza sociale.
Insomma, l'analisi storica si mescola a quella letteraria in quanto, la ricostruzione scientifica sembra proprio spostarsi verso la scoperta di una effettiva “drammaturgia del reale” che nella Francia del XVII e XVIII Secolo si costituiva intorno alle indagini, alle inchieste, alle implorazioni fatte al sovrano perché “Egli” mettesse il suo occhio potente sopra gli sciagurati e provvedesse a raddrizzare i torti. Se davvero furono i Teatri a prendere il posto dei Fori per questi piccoli eventi, allora diventa difficile sminuire ed evitare una comparazione con i modelli letterari dello spettacolo ai quali quella stessa umanità compartecipava in molti modi e a più livelli. E drammi e tragedie avevano al loro interno il tema della vendetta; e quanto facile è dire che le avances dei postulanti al re costituivano lo strumento di una vendetta? L'arma di un odio? È molto facile dirlo, ovviamente, è più difficile dimostrarlo perché questo suo lavoro Foucault è riuscito a trovare solo le voci dell'accusa e quelle del giudizio, e crediamo altamente improbabile riuscire a ritrovare dei documenti di difesa dei condannati, forse perché non ebbero la possibilità di difendersi: colti alla sprovvista dalla richiesta dell'avversario al sovrano, forse non c'era un vero processo equo; o forse una volta pervenuti alla condanna nessuno si preoccupava di conservare la documentazione dei passaggi intermedi: il potere e il giudizio dello Stato assoluto era “Mosaico”, funzionava nella solitudine eremitica del “padre di un popolo” arroccato sulla cima del monte e nessun altri aveva diritto a essere testimone su come il fuoco incideva la pietra.
Ma in fondo che senso avrebbe andare alla ricerca della voce di una “controparte”? Poiché l'analisi storica è capace di rendere la caratterizzazione culturale dello “spirito del discorso” sarebbe semplicemente incoerente e assurdo ritenere gli “infami” capaci di esprimersi diversamente dai loro accusatori, forse anche dai loro giudici. Se dalle loro storie-lampo scaturiscono cose vicine a sembrare episodi di battaglie, disperazioni variopintamente gesticolate sotto forma di suppliche e ordini, allora gli infami non vengono “ritratti” e delineati in ciò che di loro si legge, ma troveremo solo le loro condanne: le trappole in cui sono caduti, le armi che li hanno offesi e feriti, e le grida, gli atteggiamenti a coprire o scoprire – secondo il caso – le astuzie e gli intrighi usate e intessuti per mezzo dello strumento-linguaggio.
Quindi in questa realtà “tragediografata” salta fuori come unica essenza umana un altro tema cruciale di quel periodo: il destino dell'uomo. Solo che quando il palcoscenico si abbassa al livello della strada, dove chiunque poggiando i piedi sul terreno può assumere una parte nella “recita”, allora il destino assume una forma ben precisa: non un concetto morale a fine didattico scelto dal tragediografo, ma sempre e solo l'impatto con il potere, il rapporto con o contro esso, in quanto – e in fin dei conti – al di là di tutte le piccole macchinazioni avvelenate del quotidiano è pur sempre il potere ciò che decide e definisce la vita di un uomo in ogni tempo e società, è il punto più intenso di un'esistenza, laddove l'energia si concentra al massimo e quando si scontra e si dibatte con il potere, tenta di usare la forza di questo o di sfuggire alle sue trappole.
Si è visto quanto Foucault insisteva sulle Lettres de Cachet vedendole come uno strumento che ridisegnarono il tipo dei rapporti stabiliti tra il potere, il discorso e il quotidiano. Volendo, la “tragediografizzazione” è il tessuto connettivale per ottenere tutt'altro modo di governare proprio il quotidiano arrivando a formularlo in prima istanza, cioè precedendo la sua auto-codificazione. Si può dire seriamente, quindi, che per la vita ordinaria nacque una nuova messa in scena sotto quella specie di “servizio pubblico di dispotismo” in precedenza evidenziato.
La sovranità politica – insomma – andò a inserirsi a un livello più elementare del corpo sociale: da soggetto a soggetto – e a volte si trattò proprio dei soggetti più umili – all'interno e tra i membri della propria famiglia, nei rapporti di vicinato, di corporazione del mestiere, di rivalità, di odio e d'amore.
Va qui aperta una finestra critica su una contraddizione a dir poco gigantesca. Basta scorrere quella trafila di tematiche dove il potere del sovrano riesce a inserirsi per accorgersi in modo indubitabile di stare a parlare di spazi, tutti, nessuno escluso, della sfera privata degli uomini. Ebbene, questa sfera privata sembra il più grosso problema e la più grande falsità dell'evoluzione sociale dell'Occidente, in quanto sembra essere risaputo e pacifico come e lo sviluppo del Capitalismo e l'attestarsi della Borghesia come classe dominante, abbiano portato alla costituzione di una sfera privata, legittimamente autonoma, realmente sigillata rispetto l'esterno, davvero indipendente da tutto. Ma no, non pare essere affatto così, questa è una percezione erronea e distorta a ben vedere. A ben vedere la sfera privata di una famiglia (o di qualunque altra associazione sociale) era molto più tutelata nel passato, nella società medievale e in quelle antiche, perché non abbiamo mai avuto se non rarissime notizie del potere che scendeva a livello del quotidiano, entrava nelle case dei grandi e degli umili a regolare usi, costumi, decisioni e libertà dei singoli.
È una contraddizione e una stupida illusione la supposizione di essere riusciti a conquistare il nostro spazio privato, esclusivo, dove poter usare le nostre proprie leggi?
Probabilmente è così, almeno per certi aspetti, e altrettanto probabilmente il privato borghese è finito col risaltare così tanto nel discorso sociale perché col tempo si fece sempre più interessante. Ma interessante come e perché? Ovviamente per il potere che trovò nuova materia prima su cui agire. Quindi non c'è alcun motivo di stupirsi per questa evoluzione di un privato che privato non è, e che invece ha aperto a poco a poco le relazioni tradizionali d'appartenenza e di dipendenza (correlate alla famiglia, ai vincoli di lealtà, eccetera...) ai controlli amministrativi e politici mozzando e pervertendo quell'intoccabilità della sfera borghese la quale invece sembrava sotto un'opera di accanita costruzione difensiva.

Quindi il potere è partito dal male minuscolo di vite senza importanza per creare delle ragnatele con circuiti assai complessi attraverso i quali finivano coll'impigliarsi dispute di vicinato e liti tra genitori e figli, i malintesi delle coppie, le baruffe pubbliche e tante passioni segrete. C'è stato qui, insomma, come un incessante e onnipresente appello per la messa in discussione (o a discorso) di tutte quelle agitazioni e di tutte queste piccole sofferenze.

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