Mi
domando: cosa c'è di più solenne
dello sforzo di osservazione, di catalogazione, di dettagliamento e
di analisi che ben oltre le spesse volte ma praticamente sempre viene
usato dalle persone, impegnando anche saperi di alto valore
intellettuale per ottenere quel genere di conoscenza tale da
permettere di compatire o distruggere o svilire una persona con un
“povero disgraziato!”, alla fine di una ben ponderata
dissertazione?
Dove sta lo
spreco e la perversione in tutto ciò? Nell'asservimento:
«Sarebbe indubbiamente facile smantellare il potere, se esso si limitasse a sorvegliare, spiare, sorprendere, proibire e punire; ma esso incita, suscita, produce, non è semplicemente occhio e orecchio, ma fa agire e parlare...»
...perché
dall'accumulazione della miseria nasce ricchezza, in vaste quantità
ma anche in forme e mode a dir poco inaudite se osservate per la
prima volta.
Per le
paginette di Foucault esiste un altro ordine di lettura possibile.
Esso ci spinge verso riflessioni di tipo più letterario riguardo le
leggende nere degli uomini infami, i quali, sostanzialmente sono una
teoria di figure dotate di nomi e di accenni a imprese e malefatte
«che dietro questi nomi non dicono nulla» a parte fatti di uomini
vissuti e morti patendo sofferenze, terminando assoggettati a delle
cattiverie, divenendo oggetto di gelosie e tema di dicerie – cioè
di tutta quella spicciolatura la quale sì costella il vivere
quotidiano di tutti (come s'era detto) ma desta in molti sdegno e
raccapriccio quando diviene materiale utilizzato per
l'assoggettamento giuridico di qualcuno, spesso a favore di altri in
dispute concernenti rapporti di proprietà o di ubbidienza sociale.
Insomma,
l'analisi storica si mescola a quella letteraria in quanto, la
ricostruzione scientifica sembra proprio spostarsi verso la scoperta
di una effettiva “drammaturgia del reale” che nella Francia del
XVII e XVIII Secolo si costituiva intorno alle indagini, alle
inchieste, alle implorazioni fatte al sovrano perché “Egli”
mettesse il suo occhio potente sopra gli sciagurati e provvedesse a
raddrizzare i torti. Se davvero furono i Teatri a prendere il posto
dei Fori per questi piccoli eventi, allora diventa difficile sminuire
ed evitare una comparazione con i modelli letterari dello spettacolo
ai quali quella stessa umanità compartecipava in molti modi e a più
livelli. E drammi e tragedie avevano al loro interno il tema della
vendetta; e quanto facile è dire che le avances dei
postulanti al re costituivano lo strumento di una vendetta? L'arma di
un odio? È molto facile dirlo, ovviamente, è più difficile
dimostrarlo perché questo suo lavoro Foucault è riuscito a trovare
solo le voci dell'accusa e quelle del giudizio, e
crediamo altamente improbabile riuscire a ritrovare dei documenti di
difesa dei condannati, forse perché non ebbero la possibilità di
difendersi: colti alla sprovvista dalla richiesta dell'avversario al
sovrano, forse non c'era un vero processo equo; o forse una volta
pervenuti alla condanna nessuno si preoccupava di conservare la
documentazione dei passaggi intermedi: il potere e il giudizio dello
Stato assoluto era “Mosaico”, funzionava nella solitudine
eremitica del “padre di un popolo” arroccato sulla cima del monte
e nessun altri aveva diritto a essere testimone su come il fuoco
incideva la pietra.
Ma in fondo
che senso avrebbe andare alla ricerca della voce di una
“controparte”? Poiché l'analisi storica è capace di rendere la
caratterizzazione culturale dello “spirito del discorso” sarebbe
semplicemente incoerente e assurdo ritenere gli “infami” capaci
di esprimersi diversamente dai loro accusatori, forse anche
dai loro giudici. Se dalle loro storie-lampo scaturiscono cose vicine
a sembrare episodi di battaglie, disperazioni variopintamente
gesticolate sotto forma di suppliche e ordini, allora gli infami non
vengono “ritratti” e delineati in ciò che di loro si legge, ma
troveremo solo le loro condanne: le trappole in cui sono
caduti, le armi che li hanno offesi e feriti, e le grida, gli
atteggiamenti a coprire o scoprire – secondo il caso – le astuzie
e gli intrighi usate e intessuti per mezzo dello
strumento-linguaggio.
Quindi in
questa realtà “tragediografata” salta fuori come unica essenza
umana un altro tema cruciale di quel periodo: il destino
dell'uomo. Solo che quando il palcoscenico si abbassa al livello
della strada, dove chiunque poggiando i piedi sul terreno può
assumere una parte nella “recita”, allora il destino
assume una forma ben precisa: non un concetto morale a fine didattico
scelto dal tragediografo, ma sempre e solo l'impatto con il
potere, il rapporto con o contro esso, in quanto – e in fin dei
conti – al di là di tutte le piccole macchinazioni avvelenate del
quotidiano è pur sempre il potere ciò che decide e definisce la
vita di un uomo in ogni tempo e società, è il punto più intenso di
un'esistenza, laddove l'energia si concentra al massimo e quando si
scontra e si dibatte con il potere, tenta di usare la forza di questo
o di sfuggire alle sue trappole.
Si è visto
quanto Foucault insisteva sulle Lettres de Cachet vedendole
come uno strumento che ridisegnarono il tipo dei rapporti stabiliti
tra il potere, il discorso e il quotidiano.
Volendo, la “tragediografizzazione” è il tessuto connettivale
per ottenere tutt'altro modo di governare proprio il quotidiano
arrivando a formularlo in prima istanza, cioè precedendo la
sua auto-codificazione. Si può dire seriamente, quindi, che per la
vita ordinaria nacque una nuova messa in scena sotto quella
specie di “servizio pubblico di dispotismo” in precedenza
evidenziato.
La sovranità
politica – insomma – andò a inserirsi a un livello più
elementare del corpo sociale: da soggetto a soggetto – e a volte si
trattò proprio dei soggetti più umili – all'interno e tra i
membri della propria famiglia, nei rapporti di vicinato, di
corporazione del mestiere, di rivalità, di odio e d'amore.
Va qui aperta
una finestra critica su una contraddizione a dir poco gigantesca.
Basta scorrere quella trafila di tematiche dove il potere del sovrano
riesce a inserirsi per accorgersi in modo indubitabile di stare a
parlare di spazi, tutti, nessuno escluso, della sfera privata
degli uomini. Ebbene, questa sfera privata sembra il più grosso
problema e la più grande falsità dell'evoluzione sociale
dell'Occidente, in quanto sembra essere risaputo e pacifico come e lo
sviluppo del Capitalismo e l'attestarsi della Borghesia come classe
dominante, abbiano portato alla costituzione di una sfera privata,
legittimamente autonoma, realmente sigillata rispetto l'esterno,
davvero indipendente da tutto. Ma no, non pare essere affatto così,
questa è una percezione erronea e distorta a ben vedere. A ben
vedere la sfera privata di una famiglia (o di qualunque altra
associazione sociale) era molto più tutelata nel passato, nella
società medievale e in quelle antiche, perché non abbiamo mai avuto
se non rarissime notizie del potere che scendeva a livello del
quotidiano, entrava nelle case dei grandi e degli umili a regolare
usi, costumi, decisioni e libertà dei singoli.
È una
contraddizione e una stupida illusione la supposizione di essere
riusciti a conquistare il nostro spazio privato, esclusivo, dove
poter usare le nostre proprie leggi?
Probabilmente
è così, almeno per certi aspetti, e altrettanto probabilmente il
privato borghese è finito col risaltare così tanto nel
discorso sociale perché col tempo si fece sempre più interessante.
Ma interessante come e perché? Ovviamente per il potere che trovò
nuova materia prima su cui agire. Quindi non c'è alcun motivo di
stupirsi per questa evoluzione di un privato che privato non è, e
che invece ha aperto a poco a poco le relazioni tradizionali
d'appartenenza e di dipendenza (correlate alla famiglia, ai vincoli
di lealtà, eccetera...) ai controlli amministrativi e politici
mozzando e pervertendo quell'intoccabilità della sfera
borghese la quale invece sembrava sotto un'opera di accanita
costruzione difensiva.
Quindi il
potere è partito dal male minuscolo di vite senza importanza per
creare delle ragnatele con circuiti assai complessi attraverso i
quali finivano coll'impigliarsi dispute di vicinato e liti tra
genitori e figli, i malintesi delle coppie, le baruffe pubbliche e
tante passioni segrete. C'è stato qui, insomma, come un incessante e
onnipresente appello per la messa in discussione (o a
discorso) di tutte quelle agitazioni e di tutte queste piccole
sofferenze.
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