Si può forse
dire che sia stato uno “sforzo spregevole”? Lo è stato nella
misura dell'uso politico dei risultati dello sforzo, in quanto il
macchinario messo in moto fu indubbiamente importante per il
costituirsi dei “nuovi saperi moderni”, la psicologia e la
sociologia anzitutto al seguito nel nuovo imperativo in formazione
intorno a quello che Foucault azzarda a nominare come «etica
immanente del discorso letterario dell'Occidente»; mano a mano le
funzioni cerimoniali della letterarietà andarono cancellandosi,
trascurando il compito di manifestare in modo evidente grazie e
splendori per mezzo dell'arte letteraria, l'esaltazione della
retorica eroica e della potenza declinarono perché non più
interessanti in quanto fin troppo visibili e il discorso
letterario invece sembra appropriarsi dei una missione e di una
dimensione investigativa andando a cercare quel che è più
difficile da scorgersi, il più nascosto, il più disagevole a dirsi
e a mostrarsi per giungere al proibito e allo scandaloso.
Che cosa,
infatti, rimpiazzò il favoloso e il didattico dei Poemi e delle
Tragedie tra fine XVIII Secolo e inizio XIX? La fiction del
Romanzo, ma liberandosi esattamente dal romanzesco arabeggiante, non
più proponibile perché ingenuo e irreale, così evidentemente
sciocco da divenire superfluo e inutile ai fini del discorso sociale,
perché il lettore è mosso principalmente ad addentrarsi tra le
pagine di un Romanzo dalla voglia di sapere e conoscere di una storia
e dei suoi protagonisti, e non da quella di “sognare” o di ritrovare
il ridondante affermarsi di lezioni morali, principi etici e
ideologie esaltate. La letteratura ebbe quindi la sua parte in questo
grande sistema di costrizione mediante il quale l'Occidente ha
obbligato il quotidiano a mettersi a/in discorso/discussione.
Dato che il
sistema è vastissimo e presenta i suoi effetti ultimi su oggetti
storici d'importanza come il Diritto Privato, la Psichiatria
e il Romanzo, credo sia giusto seguire l'allargarsi del
cerchio, sfruttando l'opportunità di aver da poco concluso quel
lavoro sugli appunti riguardanti “La Storia dello Spirito Europeo”,
nel quale il concetto di idea d'Europa era stato ripercorso
guardando alla letteratura continentale, dove proprio Tragedia e
Romanzo ebbero le loro parti come spunti e oggetti di analisi per
questo studio.
Da una parte
il Romanzo interviene sulla scena europea esattamente come “prodotto”
letterario principe della cultura borghese, questo è certamente un
punto assodato; più peculiare e “nuovo” è invece l'aspetto di
cui ho discusso poco fa, di come “l'arte del raccontare le vite dei
borghesi” avesse la sua funzione nel discorso sociale in qualità
di regolo; il Romanzo nasce e si sviluppa come un discorso sul
reale, e lo ordina, non è specchio ideale che riflette gli abbagli,
è opera decisa a dare la realtà, vuole gestirla o perlomeno trovare
un modo di controllare e dare forma, offrire un significato a
quell'immenso panorama di futilità e anarchia che appariva essere il
mondo in grande e in piccolo: dagli enormi sconvolgimenti iniziati
con l'industrializzazione e culminante nelle catastrofi belliche, ai
profondissimi orrori dell'animo umano e delle sue privatissime
sciagure.
Anche questo
può essere stato un esercizio di potere, il quale è andato
probabilmente di pari passo con il perfezionamento del sistema di
soggiogamento del quotidiano, passando per varie fasi e anche momenti
d'incertezza, come quelli di chi, vedendo certi effetti di quel
“servizio di dispotismo pubblico” che per l'appunto diffondeva,
disperdeva, faceva anche spuntare caoticamente i risultati
dell'arbitrio e ovviamente richiedevano, o speravano in un ritorno
di poteri “più superiori” e di una “Giustizia più giusta”.
La dinamica
più importante riguarda sempre e comunque il potere. Non abbiamo
infatti ancora affrontato questo potere in se stesso, cioè in base
alle forme che ha assunto e con queste ha dato vita ai metodi e ai
sistemi descritti con larghezza di dettagli e dovizia di particolari.
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