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Ditesti

venerdì 21 giugno 2013

Le leggende nere (La Strutturazione dell'Infamia pt.2)


Una volta fu Michel Foucault a mettersi a giocare con le infamie di un po' di gente. Raccolse informazioni su dei poveracci condannati, imprigionati o interdetti; i soliti soggetti primari delle sue ricerche a volte quasi poetiche. Si diede però – in tale occasione di lavoro – delle “regolette” capaci di trasformare il lavoro in un gioco vero e proprio, poiché in verità s'era messo a ricostruire storie reali di esistenze che furono giocate nel giro delle poche parole quali potevano essere immesse tra le righe delle Lettres de Cachet su cui tanto Foucault ebbe modo di puntare l'attenzione.
Riordinare e sistemare fatti sparsi e notizie brevi su personaggi per nulla noti, o su persone molto note delle quali però si sa davvero poco, pone tutte le condizioni necessarie alla nascita delle leggende.
Ci sono le leggende sulle persone esistite, esse vanno sempre verso le iperboli e gli straordinari per far sì che queste siano state più del realmente avvenuto e poter funzionare – per l'estensore – in vista di qualche fine specifico. Poi ci sono le leggende sugli uomini immaginati, e queste si differenziano dalle prime in quanto tutte si concentrano sull'esigenza di corroborare, di circostanziare, di attribuire sostanza, realtà e verità al soggetto sebbene altro non sia stato se non frutto di una fantasia. Le tipologie delle leggende non si esauriscono qui; può nascere una leggenda anche a partire da minimi “pezzettini” di vite reali. Realissimi, oggettivissimi e confermatissimi fattarelli i quali, una volta apparsi sullo scenario della pubblica informazione, dopo essere stati resi disponibili e visibili a tutti, svaniscono come segni sulla sabbia al primo sbadato calpestamento, sferza di vento o flutto d'onda. Se qualcosa resta e poi si trasforma in leggenda è quasi inevitabilmente perché i dettagli che fanno osservare portano cose ben poco edificanti: notizie di infamie, di disperazioni, perpetrazioni di atti debosciati da valere giusto la loro raccolta in registri e casellari giudiziari dove si testimonia e si dà loro – in un perpetuo e contemporaneo infinito ricorrente – legittima punizione.
Queste sono le leggende nere: storie esemplari finite sul limitare dell'esistenza effettiva solo per scarsezza di articolazione e dettagli che rendono più difficile la loro “narrabilità”. Sono puntini a costellare una ben determinata dimensione del sociale, eppure reggono tranquillamente il confronto con tutte le altre tipologie di leggende; si nota con evidenza pratica quanto le leggende nere resistano ed insistano nelle teste di tutti anche se non le riconosciamo mai per tali.


Le leggende nere
Foucault stabilisce che “leggendario”, quale che sia il suo nucleo di realtà, non è che alla fine nient'altro se non “la somma di quello che se ne dice”, con l'aggiunta che il leggendario è destinato o riesce a produrre un qualche effetto sull'immaginazione di chi lo riceve. In particolare, le vite dei suoi “uomini infami”, sembrano capaci di produrre uno shock fatto di un misto di “bellezza e spavento” tale da creare la Leggenda Nera degli “uomini infami” se le storie rispettano i seguenti punti: che si tratti di personaggi realmente esistiti; che queste esistenze siano state insieme oscure e sfortunate; che siano raccontate in qualche pagina o meglio in qualche frase, nel modo più breve possibile; che questi racconti non costituiscano semplicemente degli aneddoti strani o patetici, ma che in un modo o nell'altro (dato che si tratta di querele, denunce, ordini o rapporti) abbiano fatto davvero parte della storia minuscola di queste esistenze


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