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Ditesti

mercoledì 18 giugno 2008

Ricominciare a centosedici anni 11



Le cinghie di trasmissione

Rifondazione Comunista è un partito molto affezionato all'idea delle cinghie di trasmissione, a quella pratica di creare intorno al corpo principale del partito una costellazione di istanze e istituzioni di diversa natura (sociale, culturale, economica...), oppure di creare relazioni stabili e organiche con soggetti già esistenti.

Questa teoria ha avuto come esito ultimo la fondazione del partito-sistema complesso, un microcosmo che nel suo esito qualitativamente migliore fu definito da Pasolini “il paese nel paese”.

Fino all'epoca Berlinguer questo concetto è stato certamente uno dei pezzi più importanti nella storia dei comunisti d'Italia, oggi però ciò che resta di esso, specialmente come idea di partito, come progetto politico e come struttura di radicamento, appare oggettivamente superata. Anche in questo caso dire che il partito-microcosmo, che non riduce la politica a gestione, porta con sé un giudizio negativo. Questo perché i comunisti devono raggiungere la consapevolezza che non sono loro a fare le regole del gioco e che, per di più, chi ora detta queste leggi, le fa contro di loro.

Il concetto di Paese nel Paese è stato profondamente degradato nella produzione di verità di questi anni, sebbene la realtà sia profondamente diversa, sebbene le invettive contro le caste e quelle contro gli incroci pericolosi tra più interessi non possano essere estesi automaticamente a tutti e tutto, i comunisti dovrebbero avere il coraggio di saltare il fosso, prendere atto che certi principi di costruzione politica sono divenuti perlomeno controversi, almeno nell'immaginario collettivo, e sfidare il potere sul piano dell'innovazione, creando un contropotere.

In quest'ultimo passaggio torna di nuovo in gioco la coppia della rappresentanza e dell'azione politica, del processo d'inversione dei loro momenti che sembra essere richiesto dai cittadini. Perciò torna in ballo anche la questione della democrazia fondante: se i cittadini non vogliono più saperne di aderire anche solo fideisticamente a un progetto politico ampio, se per quanto suggestiva e piacevole potrebbe essere l'idea d'essere parte di un microcosmo socialmente coeso (dove la solidarietà è effettiva e c'è anche ricchezza umana che riempie la vita di ognuno) questa resta pur sempre un'idea considerata controversa nell'immaginario del Paese, non degna di fiducia e le elezioni lo dimostrano, il dubbio e l'incertezza diventano oggettive.

Il miglior progetto della storia dei comunisti d'Italia si è rivelato incapace di produrre contropotere? Purtroppo io credo di sì, e se le pratiche finora adottate non sono state adeguate bisogna ricorrere ad altro.

Sembra che il cittadino voglia un partito politico che svolga un “servizio” nella società; non chiede altro che i partiti risolvano i suoi problemi quindi, sto forse scrivendo che Rifondazione dovrebbe darsi una svolta tecnicista e puramente istituzionale? La risposta completa la darò nel prossimo paragrafo, qui mi preme ribadire soltanto che dei cambiamenti radicali si deve prendere atto e che non bisogna aver paura di sfidare il potere sul suo stesso piano, che è quello del mutamento continuo.

Del resto per Rifondazione Comunista questo è anche un argomento concernente anche i suoi mezzi, le sue risorse, gli uomini e il tempo; elementi sui quali dovrebbe ragionare almeno reimpostando gerarchie e priorità.

Quando in un partito il momento più importante della vita di un circolo è la sua festa, quando la preoccupazione maggiore dei dirigenti è la nascita di una ONLUS, quando si ottiene un punto percentuale in più alle elezioni puntando a interessi incrociati con altre istanze, la politica tende a scadere di qualità, e l'Italia ha bisogno di una vera politica, che sia anche buona.

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