L'azione politico-istituzionale
Il ribaltamento del rapporto tra la rappresentanza e l'azione politica non è un'idea che è semplicemente saltata nella mia testa così, andando per esclusione; è questa una dinamica abbastanza evidente dell'ultimo voto, un segno d'espressione della volontà popolare.
I partiti che vantavano, o che millantavano, un preteso “radicamento” sociale, sono risultati tra i perdenti; oltre l'Arcobaleno, anche la Destra è fallita, e anche il PD non ha vinto; il Popolo delle Libertà – fusione tra i partiti di Fini e Berlusconi – non è certamente quel tipo di partito che intende il “radicamento” così come s'intende su altre sponde.
La Lega Nord ha vinto indubbiamente, molti credono che essa abbia vinto solo per merito del suo radicamento, ma io non penso che sia solo questo. Credo che la Lega si sia radicata e sviluppi relazioni di rappresentanza a posteriori di una pratica politica che privilegia l'azione – per intenderci ancora meglio: la Lega Nord prende i voti perché li chiede per i risolvere i problemi più cogenti del Nord con modi spicci, gli stessi modi spicci in cui si esprimono i suoi dirigenti.
La Lega è stata premiata per molti fattori, e io credo che dietro i successi specifici di questa formazione politica, giaccia più in profondità il desiderio dei cittadini italiani di poter scegliere dei partiti “più concreti” invece che delle coalizioni vaghe, o contenitori puramente simbolizzati. Questo secondo me è un dato di fatto, una forma d'epressione della volontà popolare; non è possibile essere comunisti nel XXI secolo a prescindere dalle espressioni democratiche dei cittadini, né queste possono essere considerate espressioni plagiate e manipolate quando ci dànno contro, né si può pensare di andare a manipolare le forme di espressione popolare da comunisti. La democrazia è un dato fondante.
Tuttavia io non sto affatto scrivendo che Rifondazione dovrebbe copiare o inseguire le strategie politiche di un partito così distante. Non può però far finta di nulla e rifiutarsi di analizzare.
Comunemente si dice a sinistra che la Lega Nord faccia un larghissimo uso della propaganda populista per guadagnare consenso; battendo e ribattendo continuamente su temi di grande impatto emotivo, facendo leva su interessi immediati e particolaristici riesce a persuadere il ventre molle della società ai suoi fini.
Tuttavia mi rimane abbastanza difficile considerare il progetto Leghista del federalismo fiscale come un semplice slogan populista. Io credo che un dirigente e uno studioso di politica debba avere, riguardo al populismo, una visione meno ideologica e più analitica.
La pratica politica del populismo ha perlomeno due forme, quella del proclama politico e quella dell'attuazione pratica. Sotto la forma di proclama, essa è una proposta politica; indipendentemente dalle forme comunicative con cui viene veicolata, essa ha la stessa legittimità di tutte le altre proposte politiche e si differenzia in base ai modi in cui si vorrà attuare la proposta.
Quando una proposta politica populista viene a essere attuata, denota principalmente la sua indipendenza a qualsiasi progetto politico organico, coerente e dotato di prospettiva. La soluzione politica populista, di per sé, tende unicamente a soddisfare un bisogno concreto (o meno) di chi s'avvantaggerà di essa, e si presenta nella maggioranza dei casi come disposizioni “una tantum”, soluzioni d'emergenza, soluzioni eccezionali.
Va da sé che questo modo di far politica è come minimo privo di prospettiva e va altrettanto bene da sé che non è certo un modello strategico da seguire a sinistra. Ma considerando il populismo come una soluzione eccezionale, possiamo capire una cosa cosa molto importante: che la “soluzione eccezionale” è uno strumento politico ambivalente e che, in base a chi l'invoca, assume una forma più determinata e densa. Quando una soluzione eccezionale è invocata a destra, diventa populismo e si conforma spesso come una leva per accrescere il consenso, per gratificare porzioni di società, per dare ossigeno che smorzi le tensioni sociali; in una parola diviene un comodo strumento di controllo.
La soluzione eccezionale pratica a sinistra è una cosa completamente diversa, si chiama “vertenza”. Le vertenze sono momenti di lotta e di coinvolgimento popolare che non sono funzionali al controllo sociale, ma alla costruzione di progetti che salgano i gradini uno alla volta; concetti importanti e pesanti della storia della sinistra italiana, come la “vigilanza proletaria” o “l'assemblea permanente” non sarebbero mai esistiti senza le vertenze.
Con occhio critico e distaccato si può anche arrivare a dire che sul lungo periodo alcune vertenze vinte hanno poi prodotto gli stessi effetti deleteri del populismo, ma una vittoria a sinistra della sinistra, una vittoria partecipata, una vittoria utile e immediata è proprio quello che tutti i cittadini chiedono.
Purtroppo le mie preoccupazioni non si chiudono qui, al momento credo di aver individuato solo gli aspetti fondamentali del sistema in cui Rifondazione andrà a muoversi e ho indicato alcuni elementi con i quali, sarebbe interessante che si muovesse (salvo un nuovo mutamento delle condizioni d'agibilità politica). Questi elementi vanno messi a sistema e svolti dinamicamente.
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