I non integrabili
I rom insieme con i sinthi formano quel popolo tradizionalmente chiamato zingaro o tzigano. In Europa la loro regione storica d'appartenenza è la Romania; ma i rom non sono originari di questa regione e sono sempre stati un gruppo etnico separato dai rumeni.
La vera regione originaria dei rom è stata l'India, ed è manifesto nel loro incarnato, molto simile alle persone d'origine pakistana e indiana e molto diverso da quello degli europei dell'Est.
I caratteri della cultura indiana ancor oggi pesano in modo rilevante sui rom, infatti volendo descrivere – con tutte le solite precauzioni del caso – i tratti generali della cultura rom, loro compaiono ancora in stretta relazione al sistema sociale delle caste indù. Per essere più precisi, possiamo dire che cultura tradizionale dei rom è una rielaborazione della cultura indiana vista dal loro particolare punto di vista.
Gli antenati dei rom migrarono dall'India molti secoli fa non esclusivamente a causa dei consueti motivi che in passato obbligavano i popoli a spostarsi (carestie, guerre, sovrappopolazione), ma anche perché il sistema della caste indù pose le premesse alla loro espulsione.
La casta d'appartenenza dei rom era quella dei paria, gli intoccabili ultimi degli ultimi, coloro che – in base al sistema sociale indiano – erano costretti a occupare un posto determinato nella gerarchia sociale, fare determinati tipi di lavori, e praticare l'endogamia sociale senza possibilità di muoversi verticalmente all'interno della società stessa.
La cultura tradizionale dei rom risente ancora oggi di questi concetti; difatti loro si basano sul rifiuto e sulla rinuncia al mescolamento con altri popoli, tanto che a distanza di molti secoli, pur essendo cittadini rumeni sono separati dai rumeni veri e propri. L'adozione del nomadismo accentuò le caratteristiche d'estraneità a tutti gli altri corpi sociali che incontrarono e ancora oggi, pur se la maggioranza dei rom risiede stabilmente in un luogo, i caratteri stabiliti dalla fusione tra l'idea della casta e quella del nomadismo, sono ancora forti fra questa gente.
Nella loro lingua c'è una parola: “gagju” oppure “gourgio” che significa approssimativamente “uomo stanziale” e per loro vale come una specie d'insulto. Anche da residenti stabili in un luogo i rom non rinunciano a distinguersi, rifiutando per principio le attività tipiche dell'uomo stanziale. Vivono d'espedienti, d'elemosina, di furti e di altre attività condannate dalla società stanziale. Questo stile di vita rimarca la loro cultura tradizionale e richiama ancora una volta l'India. Volendo aggiungere una finezza da letterato, si può dire che lo stile di vita criminoso dei rom, discendenti dagli ultimi tra gli ultimi indù, è una specie di filosofia imperniata sul concetto del mayaparisatazzya: il “velo ingannevole” della realtà, un concetto-pilastro delle grandi civilità dell'Estremo Oriente.
Tutto questo non è che una poetica. Il punto è che i rom sono un popolo che non è integrabile nelle società occidentali così come in nessuna società stanziale per la loro stessa natura. La loro avversione al mondo degli stanziali è esistita da sempre, la loro problematicità attuale nella nostra società (leggi: il problema della sicurezza) è reale, e sebbene sia probabile che la cultura rom scomparirà in futuro, ovviamente nessuno è così ben disposto da attendere il completamento di questo fenomeno storico.
Mi trovo d'accordo con chi dice che i rom rappresentano un problema; loro sono sempre stati un problema e di difficilissima soluzione. I rom sono irriducibili ai termini di un'integrazione sociale completa, tuttavia sono assolutamente avversario di chi fa della lotta contro i rom una bandiera politica, e considera il problema unicamente un problema di criminali e non allarga la visuale.
Infatti dando un un po' di respiro al ragionamento, si scopre che la logica e la razionalità offrono delle soluzioni insperate, ma si faccia attenzione: non intendo affatto dire che si debba rivalutare lo stile di vita dei rom come un pezzo di cultura romantico e poetico, qui queste considerazioni non hanno posto.
Ieri sera (22 aprile) ho visto “Matrix”. Si parlava della Lega Nord e dei rom. Hanno raccontato di come la Lega ha conquistato un comune di centrosinistra vicino Milano sfruttando la xenofobia contro i rom. Accadde che due anni fa quel comune ospitò sotto il periodo natalizio, una trentina di famiglie in un accampamento appositamente approntato. I residenti si infiammarono e s'indignarono ribellandosi all'allora Giunta Comunale di centrosinistra e alla sua decisione, la quale aveva anche e soprattuto delle motivazioni etiche. I cittadini del comune presidiarono il campo (chissà cosa temevano) e infine qualcuno appiccò inaspettatamente il fuoco alle tende bruciando l'intero accampamento.
L'attuale sindaco leghista di quel comune, che a quel tempo fu “a cavallo della tigre”, intervistato da “Matrix” disse che quel fatto un “eccesso”.
No. Non fu un eccesso, fu un crimine esecrabile e un atto indegno per dei membri di una società stanziale.
Non so chi abbia avuto le responsabilità penali di questo crimine ignobile, ma le responsabilità politiche che hanno permesso alla soverchia d'aver luogo sono tutte della Lega Nord.
I leghisti non fanno il minimo sforzo di comprensione, non usano minimamente la ragione per governare e amministrare; la ragione la usano solo quando gli fa comodo: è una scelta incredibilmente efficiente e razionale dichiarare la guerra senza quartiere ai rom, respingerli evitando qualsiasi tipo di soluzione alternativa.
Così facendo ci si dimentica che prima ancora dei diritti umani esiste un'identità e una dignità umana. I rom sono quello che sono, irriducibili e non integrabili nella nostra società, ma restano comunque delle persone.
Tra persone con delle differenze abissali tra loro, il dialogo, il compromesso, l'accordo, sono sempre impossibili?
Credo che sia vero l'esatto contrario.
Sto forse scrivendo che è possibile per le amministrazioni comunali e le forze dell'ordine riuscire a stabilire delle relazioni “politiche” con i rom e trovare un modo, un compromesso, un patto, qualunque cosa che riesca a limitare il contrasto aspro e frontale tra loro e i cittadini, che con un po' di “buon senso” si può riuscire a mitigare i problemi che rappresentano? Ovviamente sì.
È una proposta di basso profilo e “indegna”?
Credo che sia una proposta giusta (se non vogliamo essere xenofobi) e realistica; è specialmente realistica, perché i politici quando parlano di sicurezza lo fanno in termini assoluti – vogliono dimostrarci come saranno capaci d'estirpare tutto il male presente nel mondo (cosa impossibile). Io invece guardo di più al mondo reale.
Senz'altro un leghista mi potrà rispondere: “Eh, guarda, con loro questo sistema non funziona”. È sicuramente una bugia, non credo affatto che loro abbiano mai tentato di concretamente di gestire i rom come delle persone dotate di razionalità e buon senso, perché per farlo dovrebbero rovesciare completamente il progetto politico che hanno finora perseguito. Loro lo sanno, ma sanno ancora meglio che questo progetto gli ha portato fin troppi voti.
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