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Ditesti

sabato 9 febbraio 2008

Minestrone

Finalmente, dopo tante seghe mentali, sono arrivato!

Drumthalya è una persona che desta il mio interesse. Abita in un paese intorno alla Città e si diverte ad animare una specie di associazione culturale. Non che faccia molto di più né molto di meno di quello che fanno tanti, per esempio questa sera vado in un posto, una ex-Camera del Lavoro che lei ha eroicamente strappato per una sera al suo triste destino di centro di accoglienza per le partite a carte dei pensionati, e ci ha messo dentro quattro o cinque gruppi rock di ragazzi e ragazzini. Cover Bands, un po' raffazzonate, spesso incapaci di eseguire tutti gli accordi del basso e che si esibiscono in locali dall'acustica pesante – come questo in cui sono entrato, dopo aver solcato decine di chilometri di strade dense di nebbia stile caffelatte – più che mai per il gusto di vestirsi come le loro divinità del metallo pesante.

Credo che sia tutto qui il senso della cosa: trovare una scusa per dare via libera ai propri sogni e dimostrarsi alla gente, non come si è, ma come si vorrebbe poter essere.

Tutto sommato però la serata non è male. Anche se non si capisce un cazzo di quello che stanno suonando, anche se nella sala non si vede nulla e la gente, nonostante l'umido e il freddo, occupa in massa il grande terrazzo invece che stare di fronte al palco. Del resto è poco più di un raduno di amici e di amici degli amici che sono venuti su invito e per non mancare di rispetto, poco interessati all'evento culturale, impegnati ad ammazzare il tempo.

Certamente non mi esalto in situazioni come queste. C'è poco da fare, anche la birra è abbastanza scadente e quella buona è in bottiglia e costa troppo. La popolazione femminile è anche un po' scarsa, molte sono amiche di Drumthalya conosciute più o meno tutte e catalogate sotto la voce “amiche di...”, e quindi...

Ci sarebbe una tipa interessante peccato che ha tutta una serie di complicazioni:

  1. È una cantante di un gruppo (quindi una star della serata)

  2. È agghindata in puro stile Dark-Lady Vampiro (ossia pelle nera lucente, chiodi, borchie, piercing e quintuplo strato di cerone che l'ha trasformata in un manichino semovente)

É il punto 2 che mi fa voltare le spalle altrove per andare a prendere un'altra birra. Scommetto tutti i soldi che ho faticosamente recuperato negli ultimi giorni per pagare la rata del mutuo che tolti quegli abiti, ripulita per benino dal trucco avrei di fronte una smorta ragazzetta che proclama riti satanici e scambi di coppe di sangue umano, ma che è svenuta quando gli ha messo il piercing sulla lingua.

Non parlo per preconcetti. Sulle prime mi aveva così stuzzicato la fantasia che mi sono messo a cavalcioni su una sedia e me la sono studiata durante la sua esibizioni. Non aveva voce, non aveva personalità, era una specie di bambola meccanica in cuoio e imbottiture che muoveva delle labbra afone tra rumore indistinguibile.

L'unica alternativa era ciondolare sul terrazzo da un pezzo di balaustra libero all'altro a guardare il panorama coperto dalla nebbia e tirare tardi quanto più possibile, fin quando non sarebbe stato così tardi da non poter avere altre alternative. È una mia tecnica particolare. Mi serve per tenere buono una specie di nucleo rabbioso che tengo dentro. Se lo lascio uscire liberamente, a volte può essere divertente, ma non sempre è il caso di farmi travolgere da quello che chiamo la mia «frenesia del vivere», perché se lo facessi, tipo ora, mi inventerei una storia per scroccare una cassa di birra, e me la squaglierei da questo posto senza dire una parola.

Non credo che a Drumthalya piacerebbe molto questo genere di comportamento da parte di un suo amico (qui presente in qualità di amico degli amici) che incula cinquanta euro di birra a una piccola associazione culturale che se va in pari con le spese stasera è tanto.

Poi, con questa cassa di birra rimediata malandrinamente, cosa combinerei? Probabilmente salterei in macchina e guidando e bevendo arriverei non so dove. Forse quando salirà il sole mi ritroverei in una città più o meno importante d'Italia. Mi fermerei in un luogo tranquillo per riposare qualche ora e poi vagabonderei fin quando non mi accorgerei di stare a fare una grande cazzata per l'ennesima volta.

Spesso lo faccio quando non ho alternative, e mi trovo a fare delle scelte obbligate. Non perché non sia capace di fare delle scelte, tutt'altro, niente mi riesce meglio di compiere delle scelte, il problema sono «le scelte» che faccio: tanto più vanno a rompere steccati e a divellere le bandierine e i cartelli – quei cartelli, come li chiamava Sartre che rappresentano i limiti delle nostre etiche – tanto meglio è, mi pare, sul momento...

Quindi evito di abbracciare il mio destino in pieno e cerco di naufragare nell'infinito mare di una società, quando grande quando piccola, per vedere se per qualche strano caso la deriva mi porti a incontrare qualcosa di interessante, piuttosto che alzare le vele e fare lotta là, dove pochi umani sono giunti e nessuno è mai ritornato.

Guarda caso stasera potrebbe essere una di quelle in cui basta restare con i gomiti poggiati sul parapetto di un terrazzo per fare un incontro interessante. Si tratta di un uomo, più o meno della mia età, unico rappresentante dell'etnia di colore in sala. É vestito in una tenuta glamour/causal dei neri newyorchesi, infatti come apre bocca si sente benissimo il suo accento disteso e cadenzato da yankee, che è molto diverso da quel biascicamento a dentri stretti e bocca storta del sud degli States (che volete, a forza di rifilare cocci ai turisti ho fatto pure conoscenza della dialettologia americana, la cadenza peggiore è quella del Midwest: sembra che parlino masticando un pezzo di copertone).

Il tizio, di cui non mi ricorderò il nome neanche a volerlo, è forse l'unico che si è presentato dopo aver trovato il flyer del concerto/evento in giro. Si guadagna subito punti pagandomi da bere. Fa l'insegnante di inglese in una non ben identificata – da parte mia – scuola di lingue, è sposato, la sua moglie fa la giornalista a Roma (forse, ho capito male, per la rivista “Internazionale”?) e abitano in uno sperduto paese, che per molti di voi, e anche per i miei corregionali potrebbe restare sconosciuto, ma se mettere il suo nome su Google, vi verrà presentato come una delle tante mecche per il turismo straniero, o addirittura per una vita lontano dallo stress delle capitali mondiali.

It's all fantastic, it's all crazy...Intercala di continuo il mio newyorochese, che mi fa piangere il cuore quando mi racconta che il mitico West End e il Village della Grande Mela è divenuta una zona residenziale per milionari. Ma questa è l'America, e questa è New York, oggi è figo averci il loft con piscina in un ex-stabilimento di conserve, domani recupereranno i container degli sfollati di New Orleans per farci monolocali di lusso, è sempre stato così.

Logico che sia all fantastic e all crazy, poter vivere in un casolare che tra i boschi, specie se lo paghi meno di una metà di un bilocale più servizi nel Queens. Dice anche che è fenomenale l'Italia perché gli sembra che il tempo si sia fermato. Forse ha ragione, dal suo punto di vista. Forse abbiamo fortuna che qua da noi una giornata è ancora di ventiquattro ore, ma sta pur tranquillo bro' anche qua da noi le cose son cambiate eccome.

Quando poi non trovavo il modo per scollarmi di dosso il tizio, che stranamente alla quarta birra che gli scroccavo poteva iniziare ad avere qualche remora nei miei confronti, la soluzione mi giunge inaspettata...


On candystripe legs the spiderman comes

Softly through the shadow of the evening sun

Stealing past the windows of the blissfully dead


Cioè...non sono riuscito a capire una sega di tutte le canzoni suonate fin ora, questa è l'unica che riesco a sentire e che fai? Te la perdi?

Rientro e mi spingo verso le prime file. Però, sono davvero bravi questi ragazzi. Mi avvicino e vedo Drumthalya proprio davanti a tutti a seguire la perfomance.


Looking for the victim shivering in bed

Searching out fear in the gathering gloom

Suddenly! A movement in the corner of the room!
And there is nothing I can do
When I realise with fright
That the spiderman is having me for dinner tonight!

Quietly he laughs shaking his head creeps
Closer now closer to the foot of the bed and
Softer than shadow and quicker than flies his
Arms are all around me and his tongue in my eyes

Tiene in mano una specie di volantino. Cos'è? Gli annuisco a gesti e me lo passa.

Si tratta di una specie di manifesto della sua associazione, è un po' banale, ma è buono. Non appena finisce la canzone, la quale segna il termine anche dell'esibizione di questo gruppo faccio ad Drumthalya.

“É interessante questo manifesto”, frase di circostanza, “Ma non sarebbe il caso di affrontare un po' la tematica del copyleft? Dopotutto, di questi tempi, è un'ottima soluzione per chi vuole combinare qualcosa in ambito culturale”.

Avevo un po' iniziato Drumthalya ai segreti della nuova idea di cultura del XXI secolo, purtroppo non mi è mai parsa un'allieva molto perspicace e poi: “Lo ha scritto lui, dovresti sentirlo”.

“Scusa lui chi?”

“Lui”, e mi indica il cantate. Ora capisco: l'associazione è collegata a questo gruppo.

Rapida Drumthalya lo chiama.

Non lo avevo visto bene prima. É un ragazzo sui 23/24 anni anche se ne dimostra molti di meno. Porta una giacca di pelle, con annessa gravattina che sembra una cinta, o un laccio, fate voi. Camicia bianca con il colletto sporco di cerone e una barbetta puberale che lo rende un po' ridicolo come cantante dark, per non parlare degli occhiali da miope con la montatura alla moda.

Tutto sommato però è un bel ragazzo, alto e con le spalle larghe.

Mi metto un po' a spiegarli cosa è il copyleft e di come potrebbe essere interessante per i giovani artisti. Da qui lui prende la palla al balzo per illustrarmi l'attività del suo gruppo, del loro sito web, e del loro cd autoprodotto. Anch'io prendo la palla al balzo, da esperto traffichino, per proporgli una specie di join venture, basata sui miei studiucoli sulla proprietà intellettuale, i miei raccontini diseducativi e le mie poesie fiammeggianti...

“E poi siete anche un bravo gruppo, per davvero”, li lusingo “Suonare «Spiderman» non è affatto facile...”

“ «Spiderman» Ahu Ahaha...Vorrai dire «Lullaby»!”

Mi arriva di lato tagliente come una rasoiata incandescente. Mi volto stizzito e vedo una ragazza un po' in stile dark-soft (ossia presentabile agli occhi della gente per bene) che mi sorride divertita.

Io odio quando vengo ripreso. Specialmente quando faccio le citazioni. Se per disgrazia un giorno mi volete riprendere su una citazione, non fate errori, vi massacro e vi mando a casa piangendo a riaprire i libri. Purtroppo questa volta l'errore l'ho fatto io.

“E sì giusto, «Lullaby», mi sono fatto qualche birra di troppo stasera, chiedo venia”.

“Perdonato”, mi risponde. È una ragazza dal volto tipicamente mediterraneo, ovale, naso un po' aquilino ma armonioso, zigomi triangolari, bocca carnosa...non mi pare male insomma e soprattutto mi ha piantato i suoi occhi neri (con pochissima matita) direttamente nei miei e non pare intenzionata a staccarli.

“Per rimediare, ora vado a casa e mi privo del sonno per riguardarmi il mio CD con tutti i video dei Cure”.

“Ti piacciono?”

“Sono tra le mie scelte musicali preferite”.

Agguanto due birre al volo e gliene offro una. Non vi sto ad annoiare con i miei discorsi, se per davvero siete curiosi di sapere che tipo di argomentazioni uso quando conosco una donna, fatevi un ripasso di tutta la roba che ho scritto fin ora, togliete bestemmie e parolacce troppo forti, e omettete certi “piccoli” aspetti non del tutto presentabili del sottoscritto.

Non state a pretendere neanche particolari su questa ragazza che chiameremo d'ora in avanti Lullaby in onore del fortuito incontro, perché, se io sono un perverso degenerato trasfiguratore del mondo in forma scritta, c'è gente vera là fuori, che potrebbe picchiarmi. Quindi vi basti sapere che mi è parsa una persona ok, simpatica, cordiale, abbastanza intelligente e acculturata. Beve birra ma non fuma, non ha mai fumato e purtroppo ha perso una persona cara a causa di una grave malattia (vedi un qualsiasi pacchetto di sigarette per informazioni). Abbiamo parlato in un angolo dove non c'era molta luce, e soprattutto lei mi stava molto vicino, quasi attaccata, con quei due occhi mediterranei impietriti in faccia a me. Se vi dicessi che non so a guardare mai i culi e le tette delle ragazze so bene che non mi crederete, e poi davanti al mio negozio tutti i giorni passa un intero liceo, ma potete giurare che non sono quelle le attrattive principali di una donna per me. Non so neanche dirvi cosa mi attrae di una donna in generale, certamente questo modo di porsi mi piace eccome. Non sarò stato mai troppo fortunato con le donne, ma non mi è capitato spesso di trovare una ragazza che sin dalla primissima volta che ci scambi due parole ti si piazza direttamente in quella zona che chiamo “del respiro”, dove appunto tiri l'aria per respirare.

Quindici anni fa, più o meno, la cosa mi avrebbe sicuramente imbarazzato, gli occhi mi sarebbero caduti a fissare in un punto morto e la mia suadente parlantina dalla erre moscia avrebbe incespicato fino al paperolinese. Ma da maturo trentenne, più che spelacchiato in testa, non posso fare a meno che restare affascinato di ciò...non tanto per lei in quanto lei, ma per questa strana tensione che ha/abbiamo creato.

Cerco di fare un passo in avanti. Mi frugo nelle tasche e trovo quello che speravo non avessi buttato: un altro piccolo flyer a cui manca un pezzo in un angolo (e voi come lei capirete subito perché) che pubblicizzava un reading di alcune poesie e prose di Buskoswki al mio Caffé preferito.

Era a dir poco meraviglioso che le piacesse e che seguisse con attenzione una mia sintetica dissertazione su quanto sia importante questo autore per me. Ma proprio quando stavo per lanciare l'esca, gli squilla il cellulare.

Un solo squillo. Lullaby mi fa la faccia imbarazzata e poi tenta di riprendere la conversazione ma c'è un altro squillo. Questa volta fa la faccia scocciata, vorrebbe dire qualcosa ma ecco immediatamente il terzo squillo, e il quarto.

Questa volta risponde: “Ok”.

“È il mio ragazzo, dovrei andare a casa”, oh merda, e ti pareva.

Non un sussulto, solo un sorriso condiscendente e furbo quanto più posso.

“Ok, non c'è problema”, Ma non la faccio andare via senza: “Sai, stavo per chiederti se ti sarebbe piaciuto venire a questo reading, ma non so se è più il caso”.

La sua bocca si allarga in un sorriso un po' contrito così come gli occhi vagano in aria.

“Non è detto che sia no. Però vediamoci un'altra volta prima, ok?”

Perooo...poteva andare peggio.


Già...era solo l'inizio. Tornate presto neanche potete immaginare cosa è successo da quella notte in poi.

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