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Ditesti

mercoledì 27 giugno 2007

Governo ladro, fa' piovere merda per la destra coprofaga

A voi come sembra questa cosa qua sotto? (colgo l'occasione per ricordare che tutti i post sono collegati e dovete partire dal basso per capirci qualcosa) Personalmente non mi pare di andare così male. Sì ci sarebbe da rimettere in mano su due o tre frasi, magari non rendo benissimo l'idea di Schidòn. Tuttavia questo raccontino non è finito. Avrò modo di rifarmi.


Siete curiosi di sapere di cosa sto scrivendo? Non dovete essere curiosi con gli scrittori, specie quando vi fanno entrare piano piano nel loro mondo. Se fate gli invadenti, se chiedete anche solo una parola in più di quello che è disposto a scrivere, lo scrittore si imbizzarrisce, si incazza come una bestia, tira fuori il suo lato infantile e vi brucia sotto gli occhi l'unica copia del suo lavoro.

Scrivere è una fatica assurda, non so se potete capire quanto affanno procura buttare sul foglio un po' di parole con un senso e uno stile decente. L'unico scrittore in grado di pensare che scrivere fosse divertente era Bukoswki, ma lui era un caso a parte, odiava così tanto il mondo che l'unica cosa accettabile per lui era la finzione.

Magari fossi misantropo quanto lui. Purtroppo non sarò mai bravo quanto Bukoswki né nello scrivere né nel mandare al diavolo la gente che ti interrompe quando scrivi.

Infatti, poco prima girò la serratura della mia porta di casa, qualcuno salì le scale con il passo leggero. La porta che collega il mio studio-salotto alle scale si aprì e comparve mia madre.

“Oh!” Non vi spaventate, mia madre è così, il suo saluto mattutino è tale e quale all'abbàio di un pastore tedesco.

“Ciao”.

“Il negozio non lo apriamo oggi?”.

“Sono le nove meno un quarto, e non vedo motivo di affrettarsi tanto, visto che di questi tempi se mai passa un cliente non è mai prima di mezzogiorno”.

“Hai avuto ospiti ieri sera?” Mi chiede dopo che si è infilata in cucina e ha visto i resti di una cena per due.

“Eh...”

“Affari tuoi, ma non mi pare una genialata continuare a vederti con Atremis e andarci a letto”.

“Mamma! Ma come fai a sapere che c'è stata lei ieri sera e...”

“Hai la tua solita faccia di merda stamattina”

Mamma, una donnina piccola piccola, più tosta di un carabiniere, diretta quanto un pugno in faccia, impietosa come una cambiale scaduta. Se io sono così probabilmente dipende da lei, sia stato per l'educazione o per la genetica.

Comunque, visto che ormai aveva definitivamente interrotto il mio momento creativo, e aveva scoperto ancora una volta una delle mie tante stronzate, l'unico modo per superare questa empasse era – come sempre – far finta di niente allontanarsi il più possibile da lei. E per fortuna che ho la scusa di possedere un'attività che sfama ambedue, perché improvvisare con lei è praticamente impossibile.


Quindi, circa 15 minuti dopo, eccomi giunto in Paese. Trattasi di un centro di medio-piccole dimensioni, di apprezzabile patrimonio storico-artistico contornato da un ottimo paesaggio per i week end alla ricerca del perduto contatto della natura, nonché sede della mia attività di commercio e artigianato. Desiderate maggiori dettagli, tipo il nome proprio della cittadina? Non l'avrete. Scegliete una cittadina a caso tra le centinaia presenti in Italia che soddisfano la descrizione e ne resterete soddisfatti voi stessi.

Parcheggio, chiudo l'auto, mi avvicino al portone e apro i cancelli del mio regno. Ventisette metri quadri, senza bagno, arredato con due tavoli, vari scaffali disposti in modo da ottimizzare tutto lo spazio disponibile, e qualche centinaia di articoli in ceramica tutti ottimamente decorati a mano. Sono articoli fatti e rifatti secondo una tradizione ormai più che vetusta, la maggior parte dei miei decori viene dritta dritta dal Rinascimento o dal Medio Evo. Sono tutte cose che facciamo io e mia madre, o meglio, sono cose che io mi arrangio a fare e che mia madre fa più che bene.

Al centro di uno dei due tavoli troneggia un tornio: un attrezzo acciaio del peso di tre chilogrammi composto di un disco posto sopra un perno. Tutto intorno ci sono ciotole di colori e schizzi di vernice secca a dare un tocco di “vissuto” all'angolo dove ogni tanto mi trastullo imbrattando con più o meno maestria pezzi di terracotta. Qualcosa da fare c'è sempre, quello che spesso manca è la voglia o l'estro. Specialmente stamattina che, probabilmente per scacciare il ricordo del mio uccello dentro il corpo di Atremis, ho dedicato il 101% delle mie risorse cerebrali a un raccontino senza capo né coda.

Prima però, casomai càpiti qualcuno per sbaglio, diamo una spazzata in terra una lucidata alle ceramiche. Odio fare queste cose. Lucidare mi tedia e mi fa crescere astio nei confronti di quello stronzo del proprietario del locale che mi promise di mettere l'intonaco al soffitto e poi, come avevo previsto, me lo consegnò completamente “rustico”. Se alzate gli occhi infatti vedete un bel soffitto di travi e di mattoni come nei casolari di campagna. Certo: molto bello e pittoresco, se non fosse per quelle anime maledette che lavorano nell'ufficio al piano superiore le quali, camminando di continuo, fanno venir giù ogni cosa possibile e immaginabile sui miei pezzi di sconvolgente candore e abbaglianti sfumature.

Tuttavia l'operazione di quotidiana nettatura del locale non è veramente una perdita di tempo. Perdita di tempo sarebbe sedersi alla scrivania e guardare il Rudere (ossia il PC che ho messo al negozio) inizializzare lentamente, e a tozzi e bocconi, il Sistema Operativo per quasi venti minuti. Nel frattempo sento dei passi venire verso la mia porta.

Specifico: il mio negozio è, letteralmente, un buco in un palazzo antico del centro città. Non ha finestre o vetrine di sorta, assomiglia di più a una specie di grottino e l'unico modo per capire il mondo che vi gira intorno e fuori è affidarsi e affinare il senso dell'udito. Ormai sono in grado di capire il tipo di persona che si avvicina dai passi: c'è quello che si accosta solo per dare uno sguardo da fuori, quello titubante che si presenterà con “posso dare un'occhiata?”, quello che invece entra praticamente in trance colto da un raptus di shopping compulsivo (la categoria che amo di più) e infine ci sono i passi, quelli odiosi, dei rappresentanti, piazzisti, postulanti vari.

Ovviamente chi si sta avvicinando porta l'andatura di quest'ultima categoria. Maledizione, andrei a far colazione al bar, ma ormai è tardi, si trova già sulla porta.

Il tipo è un indigeno del luogo che non conosco e, per la fortuna di entrambi, lui non conosce me. Reca in mano un fascio di fogli di carta, presumibilmente stampati, e con osservata cortesia ed educazione mi chiede: “Posso lasciare uno?”

Certo!

E me ne appioppa quattro o cinque sulla scrivania.

Ehi! Avevi detto uno! Sprecone!

Comunque se ne va il prima possibile lasciandomi solo a contemplare l'ultimo dei flyer in giro per il Paese, prodotto...da un partito politico di destra....


Vediamo su quali guasti inverecondi i nostri illuminatissimi saggi e onesti cittadini per bene votati al servizio civile della comunità che dal 1945 non hanno mai amministrato questo comune (e sì, il Paese è una Roccaforte Rossa, quindi chi si sta divertendo con Google Earth può iniziare a restringere il campo), vogliono farmi aprire gli occhi.

Oh, è vero, tra qualche giorno sarà una festa nazionale “comandata”, e come sapevo già c'è una vecchia Legge Regionale che impone la chiusura forzata di tutte le attività commerciali.

Credo che per molti non ci sia bisogno di questo specchietto che riepiloga la situazione, ma per onere di completezza vi riassumo in poche parole la situazione: attività artigianale orientata alla produzione di beni “voluttuari” (ceramiche decorate a mano), posto in un centro ad attrazione prevalentemente turistica, stato dell'economia del paese: orribile; stato dell'economia del settore: la corda annodata a forma di cappio sulla trave è pronta da un bel pezzo. Da questo si desume immediatamente che se i commercianti e gli artigiani riescono a pagare tasse, mutui, bollette pane e cipolle è grazie al fatto che nei fine settimana o nei giorni festivi si resta aperti e qualcuno alla fine passa a lasciare quel poco di surplus che possiede nelle sue tasche.

Ciononostante una Legge Regionale che impone la chiusura degli esercizi commerciali nei giorni di festività maggiore esiste effettivamente, solo che la sua storia è leggermente diversa da quella che viene raccontata da questo stronzissimo volantino che non dice nient'altro che in Comune (ma la legge non è stata emessa dalla Regione?) sono tutti degli sporchi sfaccendati corrotti che non muovono un dito per il benessere del ceto medio commerciale e di servizio della città, mentre loro, ah!, loro che non hanno mai visto passare una loro mozione in Consiglio Comunale per mancanza di voti a favore avrebbero millemila ottime idee per rendere le nostre vite una favola patinata.

Millemila ottime idee. Ok, ci sto. Quali sarebbero? Boh! Non c'è scritto nulla in proposito...non è che per caso, dopo aver vergato una quarantina di righe fitte fitte per insultare e denigrare dei pubblici ufficiali, si sono accorti di aver finito la pagina e hanno deciso di saltare la parte delle proposte ma si sono detti “è comunque bello così, vai in stampa”. (il tutto ovviamente perché tra qualche mese ci sono le Amministrative, c'è bisogno di dirlo?).

La storia di questa “famigerata” Legge Regionale è un po' più complessa e differente da quanto si sente in giro in piazza e io, che sarò senza dubbio il primo dei perdigiorno ma non sono certo l'ultimo degli scemi, me la sono andata a cercare.

Si tratta di una legge che il Consiglio Regionale (se state ancora smanettando su Google Earth, restringete ancora il campo: si tratta di una Regione Rossa), discusse e approvò su iniziativa dei Sindacati...


Aaaaaaaah! I SINDACATI!

Il vero cancro, la piaga biblica che affligge i più sani e produttivi settori produttivi d'Italia, schiacciando e banchettando come le arpie di Prometeo con la linfa vitale della gente Operosa & Per Bene.


Sì sono stati i Sindacati a voler la chiusura degli esercizi commerciali durante le maggiori festività dell'anno perché da quando in tutte le città del Paese il commercio è divenuto un'industria a fortissima presenza delle grandi catene di distribuzione, tra saldi, strenne e periodi di orario continuato e aperture domenicali, i dipendenti di queste catene commerciali non hanno nemmeno un giorno che sia uno di vere ferie. Anzi, saltare un giorno di lavoro anche con giustificazione significa un giorno di paga in meno, per non parlare del ricatto: “marini il lavoro? Ti licenzio in tronco”.


E che mi frega?

Io sono un artigiano, qui in bottega siamo solo io e mia madre, due titolari. Non abbiamo dipendenti, quindi in nome della libertà d'impresa stiamo aperti quanto ci pare.


Questa è una buona argomentazione. Sui libri e sulla carta stampata questa suonerebbe ottimamente come “eccezione formale” alla legge. Ha persino un senso giuridico.

Però come voi sapete bene, la realtà delle cose è sempre molto torbida. La realtà materiale è sempre un casino e fa sempre a cazzotti con i discorsi “belli tondi e ragionevoli”.


Le cose stanno così: durante i giorni di festa secondo la legge i commercianti devono stare chiusi, nel caso che qualcuno si intestardisca ad aprire i negozi, il vigile urbano che presidia la zona, interviene ordinando l'immediata chiusura e commina una multa a tre zeri senza virgola al trasgressore.

Una realtà “torbida e benevola” potrebbe semplicemente portare il Sindaco del posto a dire ai suoi tutori dell'ordine di chiudere un occhio e lasciare che le cose continuino, dopotutto qua l'economia va troppo a sfascio per interpretare il Catone della situazione (e ricordo a tutti che Catone terminò i suoi giorni sedendosi su un pitale in cui aveva infilato un gladio ben diritto dentro)


Ma non cediamo alle lusinghe della fantasia che ci porta a immaginare un mondo perfetto dove tutta la gente è premurosa verso di noi e realizza immediatamente i nostri desideri (E casomai ci fosse, Jessica Alba me la prendo per primo io), restiamo ai fatti, quei fatti che se messi in fila rendono la torbida realtà una vera e propria merda ben sparpagliata al sole.

Sapete quando fu approvata e divenne effettiva la famigerata Legge Regionale xxx/yy?

Agli inizi del III millennio.

Un attimo. Il terzo millennio è già iniziato da un po', e come mai solo dopo diversi anni arriviamo a parlare di questa legge che se applicata colpisce direttamente in faccia un'intera categoria nel suo quotidiano?

Semplicemente perché dopo alcuni anni che la legge era attiva e, da una parte, i commessi delle multinazionali si godevano i loro inalienabili giorni di riposo e, dall'altra parte, i piccoli esercenti e gli artigiani tenevano ugualmente aperto riuscendo a sbarcare il lunario senza noie, alla fine una maledettissima multa da parte di un maledettissimo vigile urbano con le palle girate è arrivata.

Volete sapere in quale comune? Volete sapere qual è la fazione politica che detiene la maggioranza in questo comune?

La risposta la conoscete già. Vi ci ho portato passo passo (annoiandovi probabilmente) e se non riuscite a dirlo, be'...mi spiace per voi, mandatemi una email.


In conclusione, rifacendo il verso a un mio amico di Roma “Aho! Ma questi che vonno?”.

Vorrebbero certamente il mio voto alle prossime Amministrative ma, interpretando me stesso: “Col cazzo!”.

Perché? Perché anche se sarà pur vero che qui siamo amministrati da oltre 65 anni dagli stessi impacciati e stantii assessori incapaci di assistere realmente ai bisogni dei cittadini, la destra coprofaga è peggio ancora.

Esattamente, avete letto bene: coprofaga. Coprofaga perché in effetti questa famigerata Legge Regionale non è del tutto centrata rispetto ai problemi che si pongono attualmente. Si può dire con tranquillità e serenità che si tratta di una “scoria” prodotta dal sistema, qualcosa che non funziona fino in fondo perché risolve un problema ma ne peggiora un altro. E le destre si tuffano golosi su scorie come queste e sperano di convincerci qualcuno. Be' di certo non sono io e spero non siano in molti in genere.

Sinceramente, vorrei potervi far leggere il volantino che hanno scritto, ma è impossibile. Se solo osassi dire una parola più specifica scatterebbe immediatamente una denuncia (e non ho tempo e soldi da buttare nei tribunali), soprattutto vi accorgereste di una cosa: va bene, fa tutto schifo, ma come intendente risolverlo?





Silenzio.



Forse al momento sono troppo affaccendati a masticare le “scorie” per pensare a cosa fare concretamente. Nel frattempo, a me il padrone del locale mi ha detto che l'anno prossimo col rinnovo dell'affitto c'è un “ritocchino” al canone. Di quanto? Del doppio.


Basta così. Il PC-Rudere ha finalmente preso vita, mi rimetto a scrivere di Johnny Schidòn e del suo amico L.

P.Ag


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