Dopo aver convinto Atremis a non ripartire con un fagotto gocciolante, me ne torno in salotto. Se non sbaglio un programma di lavaggio dura circa 45 minuti o più (non lo so, io faccio partire la lavatrice sempre prima di uscire di casa) cosa farà Atremis? Non credo che abbia molto piacere che io metta mano alla sua lingerie. Né io ho tutta questa voglia; sapete ritrovarsi per le mani qualche regalo che le feci, con ricordi annessi, non è bellissimo.
Quindi mi appronto per l'ospitalità del dopocena. Stappo una bottiglia di vino e inizio a rollare una canna. Ma prima spulcio la mia legalissima videoteca alla ricerca di qualcosa di non impegnativo ma capace di catalizzare l'attenzione.
“Sin City”, avvio il film sul monitor del PC. È in lingua originale, poco male.
Atremis sopraggiunge incuriosita e mi trova steso sui miei cuscini che sostituiscono divano e poltrona (ne ho una quindicina sparsi sopra i miei tappeti). Quando lei entra in scena cerco quasi di ignorarla, non voglio invitarla a sedersi vicino a me, languida, su questi cuscini. Il calice di vino in più è solo per ospitalità, e le luci basse e crepuscolari ci sono come in ogni altra serata che passo in casa.
Purtroppo per lei è in trappola. Non può andare da nessuna altra parte se non in questo angolo del mio salotto, a meno che non voglia profanare la mia poltrona da studio vicino alla scrivania. Ma, perdio, è messa proprio male: lei sa benissimo che non voglio che nessuno ci si sieda sopra a parte me. Be', che dire, non è colpa mia. Si è messa in trappola da sola venendo ad abitare a 10 chilometri da me, scegliendo un lavoro che la tiene fuori casa dalle 7 di mattina alle 7 di sera a pieno ritmo. Non è colpa mia che ancora non sia riuscita ad andare a comprarsi una lavatrice né tanto meno il fatto che nella zona conosce solo me.
E allora perché mi sento di merda?
Ovviamente voi, sempre pronti a giudicare, credete di aver già capito tutto. E invece non avete capito niente. Prego, nel mentre che la trasposizione cinematografica del capolavoro di Frank Miller si dipana sullo schermo vi darò qualche informazione sul nostro rapporto in modo da soddisfare il vostro vouyerismo.
L'ho lasciata io. Solitamente, per quanto ne so, quando il maschio italiano molla la donna per primo, lo fa solo per affermare la sua superiorità sulla sua ex-compagna. Molto spesso gli uomini mollano perché tradiscono e decidono di eleggere l'amante a fidanzata/moglie/compagna ufficiale, altre volte per semplice noia, odio, malvagità gratuita. Difficilmente un uomo lascia una donna per il bene suo o di tutti e due.
Be', siete costretti a crederci, io ho smesso per Atremis, perché, forse, sentivo che la cosa sarebbe finita male. Colpa mia, chiaramente. Mi sono messo con lei perché era una delle donne più belle e intelligenti che conosco, ha anche un carattere decisamente forte, è in gamba, spigliata, piena di iniziativa. Vivevamo il rapporto in modo decisamente paritetico. Dopo il periodo dell'irrefrenabile pulsione verso di lei, dopo il periodo dell'insopprimibile desiderio sessuale, mi sono reso conto che io sarei voluto invecchiare con lei accanto.
I problemi nacquero successivamente, quando il concetto di “invecchiare con lei accanto”, non si tramutò in “invecchiare con lei” e basta. Continuavo ad essere sempre il solito, intrattabile, antisociale, pazzo, bizzarro Paolo Augusto, senza possibilità di redenzione, bevendo parecchio e spesso, inseguendo unicamente le mie ossessioni intellettuali; conducevo uno stile di vita altezzoso e sprezzante, senza reali preoccupazioni che non riguardassero le mie attività olistiche o addirittura solipsistiche. Non so bene come ci si possa trovare a stare insieme con un tipo che, pur non dichiarandosi mai un vero artista, di fatto conduce un'esistenza mezza maledetta e mezza fancazzista.
Potrebbe essere anche una cosa interessante, se piace, il punto è che prima o poi bisogna fare i conti con la realtà. E io andavo per i ventinove e ancora non avevo trovato un vero modo di tirare avanti, di offrire a me e alla mia compagna quello che si può chiamare un progetto di vita. Fu dopo una tremenda settimana d'estate, nella quale in modi che non posso raccontare, mi sputtanai un'offerta di lavoro, feci un debito abbastanza pesante, e bruciai i soldi di due mesi di affitto e di spesa alimentare, e diverse altre cosucce con brutte ricadute anche su Atremis stessa, capì che non potevo continuare così.
Domanda: se la persona con cui avete una relazione seria, facesse una cosa del genere, minimo minimo vi incazzereste come una bestia, vero? Be', lei non lo fece. E neppure mi si mise di fronte, con tutta la calma e la responsabilità di questo mondo, per fare un discorso il più possibile razionale. Niente di tutto questo. La mattina dopo ci risvegliammo nello stesso letto, lei si alzò e iniziò a vivere come se niente fosse, come se fosse stato un giorno come un altro.
La conclusione che ne trassi fu: “Oh mio Dio, questa mi ama fino alla follia ed finirebbe all'inferno di buon grado se ce la tirassi giù”. E se non cambiavo all'inferno ci sarei finito sul serio. Quindi tagliai i ponti, a cominciare da lei, non potevo rischiare ancora di metterla nei guai per colpa mia.
La scena della nostra separazione ve la risparmio, non sono molto bravo in quel genere di passaggi. Vi lascio l'ovvia conclusione che, probabilmente, entrambi siamo fortemente legati e attratti, qualcosa ancora c'è, purtroppo.
Ma non potremmo essere solo amici? Pensavo mentre guardavo svogliato il film.
La risposta ovvia è no, almeno per me.
“Hai sistemato davvero bene la casa”. Mi dice all'improvviso. Ti capisco, meglio fare conversazione con l'uomo che ti ha lasciato senza un vero chiarimento, piuttosto che fare finta di tutto e guardare un film di cui non capisci nulla.
“Be' a dire il vero non è che ho cambiato molto negli ultimi due anni”.
“Quegli oggetti sullo scaffale non c'erano – indica una serie di cristalli”.
“Bah, mi piacevano, lo sai che mi attraggono tutte quelle cose che sembrano articoli religiosi o magici”.
“Certo, la tua passione per il fantastico”.
“L'immaginario...È una cosa ben diversa”.
“E casa tua, a che punto sta?” Gli chiedo mentre abbasso il volume del film e faccio partire la playlist delle ultime novità della mia legalissima discoteca.
“Be', sono ancora una volta in affitto, l'appartamento è ammobiliato, non è che devo fare grandi lavori”.
“Lavatrice a parte! Quindi non è una sistemazione definitiva”.
“Non lo so ancora, devo sistemarmi meglio con il lavoro, sono ancora precaria. Però qua mi piace, c'è pace, tranquillità è poi la Città non è neanche a mezz'ora di macchina”.
“E Lui? Non abitate insieme?” Che cazzo di domanda di merda Paolo, perché non ti azzitti ogni tanto? Ti fa davvero schifo il silenzio tra due persone?
“No, ancora no. Lavora dall'altra parte della regione, se abitasse qua, dovrebbe fare più di un'ora di macchina al giorno e quando fa i turni doppi dovrebbe alzarsi alle quattro per tornare alle undici”.
“Minchia”.
“Forse più avanti...”
“Lo spero, sareste tra quei pochi fortunati a...”
“a...?”
“Sistemarsi”.
“E tu? Sei a posto così o coltivi altre aspettative?”
“Aspettative? Intendi dire vivere facendo l'intellettuale a tempo pieno? Vivere scrivendo e studiando? A dire il vero già vivo così. Sono un privilegiato, ho una attività che mi permette di mantenermi anche in tempi così angusti per l'economia del paese. A meno che non scoppi una guerra o piovano meteoriti dal cielo, va bene così. Poi per scrivere, studiare o fare quel che cazzo mi pare, di tempo ne ho a sufficienza”.
“Beato te. Quindi sei sistemato meglio di me”.
“Già...Due anni fa non ci credevo che la vita potesse diventare così facile”.
Mi sono avvicinato troppo a lei, troppo, davvero pericolosamente troppo. E poi...Alè, siamo a posto, sulla playlist sta passando Precious...
Precious and fragile things
Need special handling
My God what have we done to you
We always tried to share
The tenderest of care
Now look what we have put you through
Things get damaged
Things get broken
I thought we’d managed
But words left unspoken
Left us so brittle
There was so little left to give
Angels with silver wings
Shouldn’t know suffering
I wish I could take the pain for you
Troppo bella lei, troppo forte l'impulso, troppo incontrollabili il desiderio e l'intesa del sesso che ci ha portato tante volte l'uno addosso all'altra...
Troppo irresistibile l'idea di prenderla e riportarla nel letto, nel mio letto! Che si fottano i cuscini e i tappeti, l'amore si fa nel letto. La prendo in braccio e mi alzo, la porto di là senza badare se inciampo oppure no nei vestiti che ci stavano cadendo di dosso. E poi le lenzuola morbide, e il momento del sesso, forte, frenetico ma, di colpo diventa meccanico. Non appena mi accorgo che ha raggiunto l'orgasmo il suo corpo si fa prima rigido e poi molle. Le braccia scivolano via dalle mie spalle.
Qualcosa sembra non aver funzionato. Cerco di non dare l'impressione di aver compreso il cambiamento, ma io e lei ci conosciamo da troppo tempo, abbiamo fatto l'amore troppe volte per disconoscere il linguaggio dei nostri corpi.
Le do un bacio sulla fronte, e poi un altro sulla guancia, tra l'occhio e il naso dove lo zigomo si increspa in una piccola cicatrice. Mi ritraggo da lei e scivolo nel lato del letto dove dormo di solito, dove dormivo anche quando c'era lei. Al centro del letto la mia e la sua mano restano a toccarsi l'una sopra l'altra, calde e sudate, ma allo stesso modo bloccate in una posa innaturale.
I secondi passano, i pensieri nella mia testa si affollano ad una velocità strepitosa. Cerco di ignorarli, cerco di fare come un tempo. Mi volto sul fianco per darle la schiena e chiudo gli occhi. Dopo un po' li riaprivo e tornavo a lei, per l'ultimo abbraccio prima di scivolare nel sonno mentre il suo odore mi avvolgeva. Non faccio in tempo a seguire l'abitudine perché sbarro gli occhi e la testa mi rimbomba di un unico grande interrogativo.
“Dormirà qui?”
Cristo Paolo te la sei scopata, non importa perché e come è successo. Ti sei scopata Atremis nel tuo letto ed è già mezzanotte. Di là c'è la lavatrice con i suoi vestiti bagnati dentro. Vuoi mandarla via così? Sì? Dimmi come allora!
Mi volto a pancia in su, lei mi sta guardando, come quando aspettava il mio ritorno a lei dopo aver fatto l'amore. Di solito aveva gli occhi lucidi e sorrideva. Anche ora ha gli occhi lucidi ma non sorride.
Mi mette una mano sul petto, infila le dita tra i tanti peli che trova lì. Accosta la bocca alla mia spalla e la bacia, e poi scivola giù per le costole, sul fianco, arriva al pene e lo prende.
Lascio fare, a volte penso troppo e penso male. Mi lascio andare e arriva l'orgasmo. Lei resta lì sul mio grembo per un secondo e poi si alza in silenzio per andare in bagno.
Penserò troppo e male se ritengo che questa sia stata una mossa per uscire dal letto e non rientrare mai più? Non lo so. Atremis non è stata mai una fanatica dei pompini, specialmente se portati fino in fondo.
Ma vuolsi così cola ove si puote ciò che si vuole, di più non dimandare. Orbene ora spetta a me non farmi ritrovare a letto quando torna.
Indosso la vestaglia e mi reco in salotto. Prendo le sigarette e conto che ne rimangono cinque nel pacchetto. Ciò è bene. Ho un fastidioso problema di sinusite cronica che mi porto dietro da troppo tempo. Devo cercare di smettere di fumare. Sono largamente in anticipo sulla mia tabella di marcia per ridurre la dipendenza dalla nicotina.
In bagno Atremis chiude un rubinetto. Mi metto a giocherellare con il computer, posta elettronica, qualche forum...
È in camera, si sta rivestendo. Arriva. Mi trova seduto sulla mia poltrona. Uno sguardo che significa solo confusione. No, Atremis, piccola mia, non parliamo, parlare ci farebbe male e basta.
“Per i tuoi vestiti ci penso io domani mattina. Poi ti chiamo. Te li posso portare a casa io. O vieni tu, magari a negozio da me”. L'importante è che non torni qui, non prima di altri due anni per lo meno.
“Va bene”.
Si avvicina.
“Allora ciao e grazie”. Mi dà un bacio sulla guancia. L'impulso di prenderle le mani e di cadere in ginocchio di fronte a lei c'è. Mi pietrifico. Mai.
Se ne va.
A volte mi rendo conto di avere una sensibilità esageratamente profonda...la stessa degli imbecilli.
P.Ag
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