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Ditesti

lunedì 9 aprile 2007

In cerca della non-infelicità

A quanto pare ho (abbiamo?) combinato l'ennesimo disastro della mia vita sentimentale.


Resto da solo in casa. Fumo di sigaretta, ancora i Depeche Mode in sottofondo e luci ambrate. Mi riempio il bicchiere di vino. Chissà, forse finisco ubriaco anche questa sera. Forse questa sera piangerò.

Inganno l'attesa del vino nelle mie vene dando un occhio agli ultimi legalissimi arrivi della mia videoteca.

Ci sono un paio di nuovi episodi della serie TV “Smallville – Le avventure del giovane Clark Kent”. Forse mi considererete un essere con un equilibrio mentale decisamente instabile, se non già bello che compromesso, ma è affar mio e questo piccolo, insignificante, evento mi permette di riprendermi dal gorgo di vecchi sentimenti riesumati dalla soffitta.

Non a caso un antico re di Siracusa, quando era parte della Magna Grecia, con un solo aforisma mostrò il segreto della felicità per tutti gli uomini della mia congenere. Questo re aveva a corte il giovane Platone. Ora non mi ricordo con esattezza i fatti, ma sembra che il re si fosse indispettito delle sentenze e delle critiche sagaci del pensatore. Quindi lo vendette come schiavo e lo rimandò in Grecia con le mani legate. Qualcuno fece notare al re che forse tale trattamento era eccessivo per il personaggio che aveva di fronte, ma il re disse: “È un filosofo, non si renderà neppure conto”.

La morale della storia si risolve facilmente: quando per una qualsiasi ragione c'è qualcosa che ti lega e ti àncora a cose che non puoi, o non puoi più, influenzare non ti resta altro che ignorarle.

Atremis è il passato che non può più tornare, questa sera è stata solo una sembianza di quel tempo. Non mi metto neanche a pensare se ho fatto un errore o meno. Lei era semplicemente lì, lo voleva quanto me, ci abbiamo provato ma non è andata come speravamo. Non è stata neppure una bella scopata. Quindi l'unica cosa a cui dobbiamo stare attenti è di non voler complicarci la vita, perché la vita complicarsi è bravissima da sé.

Ora dedichiamoci un poco a Smalville. E voi che state leggendo, smettetela con questi mugugni strafottenti. Io cinematograficamente ho abbracciato la filosofia di Kill Bill. A che riguardo? Avete presente gli ultimi due film di Tarantino? Tutti di corsa al botteghino per poi uscire dalla sala bofonchiando "E ma questo film non vuole dire niente".

Certo che non vuole dire niente a cinefili da strapazzo che non sanno vedere quello che vuole dire. Ma vi concedo questo e anche di più. Del resto siete italiani: andate a vedere i film dei Vanzina sapendo che non ci troverete altro che volgarità, tette e culi. Andate, insomma a mangiare merda autoconvicendovi prima che la merda sia buona. Poi andate a vedere i film d'autore impegnati, sapendo che è un film di contenuti sociali che vuole dire qualcosa. Ma in entrambi i casi, che cosa ottenete? Lo volete sapere? Non ottenete nulla.

Né nel primo, perché non vi propinano altro che le solite gags e battute che già le conosciamo tutte dal tempo di "Drive In", né nel secondo, perché se andate a vedere un film di denuncia sull'immigrazione clandestina, sull'anoressia, sui drammi dei bambini down, già sapete abbastanza sull'argomento, e non crediate che i registi e gli sceneggiatori siano ingenui: loro già sanno cosa vi piace e cosa no.

Invece il buon vecchio Quentin cosa fa? Ti fa dei film che tu devi andare a vedere solo per il gusto di andare a vedere un bel film, fatto bene, con una fotografia da urlo, e scene che ti incollano alla sedia. Il cinema è magia, innanzitutto.

Capìta a fondo la "filosofia di Kill Bill" allora, amici miei, avete a vostra disposizione un nuovo strumento di analisi letteraria. E allora potete sentirvi snob e aristocratici quanto me (e più se siete più colti del sottoscritto) anche dedicandovi alla visionatura di una serie TV Americana.

Smallville, in sintesi estrema, è la storia del giovane Clark Kent, è iniziata nel 2002 in america e attualmente è giunta alla quinta serie. Se per caso non avete mai visto una puntata, vi dico subito che non avrete a che fare con un ragazzino con la tutina blu e il mantello rosso, ma un ragazzone americano del Kansas che all'età di 14 anni scopre la sua vera natura, ossia di essere un extraterrestre. E via che si va. Dall'adolescenza fino (presumibilmente) fino al compimento del ventunesimo anno di età, quando Kal-El si rinchiude nella Fortezza della Solitudine per uscirne dodici anni dopo in versione Superman completo.

Ma se pensate che sia una seriucola per ragazzini, vi sbagliate di grosso. È vero, quasi tutte le puntate sono per la maggior parte autoconclusive, e avendo solo 45 minuti di tempo per puntata gli autori sono costretti a far fare i salti mortali agli episodi. Tuttavia la trama è quanto più di deliziosa e complessa abbia mai incontrato. I protagonisti hanno uno spessore incredibile e le lunghe storie che tracciano nelle serie sono qualcosa di imperdibile. Imperdibile è la coppia young Lex Luthor & Padre, che recitano come attori shakespeariani, imperdibile è la complessa vicenda di Clark Kent, che si trova sempre stretto tra la morsa dell'amore infinito dei suoi genitori, un difficilissimo rapporto d'amore con Lana Lang, la sua prima ragazza (Lois Lane, la giornalista verrà molto dopo) che non potrà mai realmente amare fino in fondo per via della sua natura che non gli può rivelare, il rapporto di amicizia con l'infido Lex Luthor, che sicuramente si spezzerà nel modo più tragico possibile e, infine quello con lo spirito di Jor-El, il suo padre biologico con il quale comunica attraverso pietre cristalli kryptoniani, che vuole strappare al figlio, ormai cresciuto la cultura primitiva della terra per farlo diventare un vero kryptoniano e fargli compiere il suo destino.

Detto così è già abbastanza, se poi volete gustatevi la regia, la fotografia, le musiche, la reinterpretazione della mitologia di Krypton, gli inganni i segreti, la suspense che personaggi mai del tutto chiari e lineari creano cercando di raggiungere i loro scopi. Se poi avete le mie stesse debolezze gustatevi anche quel visino d'angelo di Kristin Kreuk, una vera gioia per gli occhi.

Se poi continuate a preferire le fiction italiane, con i loro nonni, medici della mutua, poliziotti, carabinieri, preti e compagnia, affari vostri, io vi ho avvertito e non riceverete mai sui vostri forum telematici le mie apprezzatissime recensioni.

Proprio in questo momento ne sto scrivendo una di anticipazione sulla V serie, ancora inedita in Italia - che io ho il grande onore di vedere in anteprima tramite legalissimi metodi:


"Ho iniziato a vedere la V serie in originale, e vi posso confermare la sua qualità altissima su tutti i fronti.

Audio migliorato, video migliorato (wow, hanno tirato fuori i soldi per il digitale), regia...un solo indizio: "X-Files". La storia personale di Clark Kent questa volta è impostata in modo magistrale. La serie si apre con una grande e bellissima speranza per lui, che però, come è nel suo destino di super-eroe (che significa restare per sempre un 'diverso' un non integrato tra gli uomini), precipita in un dramma futuro che troverà l'acme senza dubbio alla fine della serie, e che finale col botto si preannuncia.


Per i fan di Lana e per chi l'ha odiata nell'ultima serie avremo grosse novità! Lana riacquista carattere e spessore, non è più quella bamboccetta complessata in balìa del primo che capita, sempre spaventata dalla gente che la inganna e gli nasconde la verità. Litiga seriamente con Lex Luthor e se lo fa nemico, assume il ruolo di 'difesa ufficiale' di Clark Kent (pur non scoprendo la sua vera natura) e, attenzione attenzione, finalmente dopo 4 anni se lo tromba!

Si avete letto bene! 'se lo tromba' - anche perché se stavamo ad aspettare il ragazzone d'acciaio di serie ne potevano fare anche una quindicina...


Unico grave aspetto negativo della V serie. E mi dispiace dirlo ma riguarda Lana. Kristin Kreuk ha messo su un culo che spaventa per quanto è grosso.

Urgono urgenti provvedimenti in materia, propongo di fare una colletta per acquistargli uno stepper (poi mi offro volontario per fargli da personal trainer)."


Ecco con questo penso di aver rovinato i sogni erotici di qualche migliaio di ragazzini. È un lavoro orribile, lo so, ma qualcuno la parte del cattivo la deve pur fare quando si parla di supereroi americani no?


E con questo credo di aver chiuso il primo capitolo di Paolo Augusto. Au revoir!

P.Ag

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