3
Le discussioni con Paolo Augusto
Di solito a pranzo, a cena, di fronte a un caffè o a un boccale di birra finisco sempre a parlare di...
Così rimediai il pranzo in una decorosa mensa per impiegati, cibo non eccellente, ma non prendetemi per un essere gretto e veniale, feci visita al mio amico per il piacere di ritrovare la sua compagnia.
In Città conosco un sacco di gente, ho frequentato l'università qui e vi ho abitato fin quando le delizie di un welfare (serio) mi hanno dato modo di sviluppare la mia formazione superiore al pari di tanti altri scioperati mantenuti dai genitori. Ma anche se possiedo un'agenda telefonica piena di nomi e numeri non frequento più molta gente: i tempi mutano, le persone cambiano e francamente non ho molto più da condividere con la maggior parte di chi ho conosciuto nell'ultimo decennio della mia vita. Come se non basti, farsi qualche decina di chilometri ogni sera per consumare birra ai chioschi o sui gradini di un palazzo laico o religioso che sia, non è più quella gradevole e comoda abitudine di un tempo.
Però volli rivedere il mio amico perché lo ritengo un intelligente conversatore, con lui posso discettare di politica con grazia e profondità, senza essere costretto a mandarlo a fare in culo dopo due minuti a causa dell'elevata ottusità che contraddistingue i nostri concittadini, la quale tanto urta la mia sensibilità. Non è che, sia chiaro, parli solo ed esclusivamente di politica, anzi, oggi questa proprensione mi scaturisce unicamente per la presenza di una controparte allettante, che altrimenti non mi da molti altri argomenti da accompagnare al cibo.
Io non sono un “politico” nel senso stretto che siamo abituati a dare al termine in Italia: non ho la tessera di un partito, non faccio parte attiva di movimenti o associazioni, neanche per quanto concerne il mio lavoro sono interessato a dare un'occhiata più approfondita alle associazioni di categoria, tranne quando si tratta di compilare la dichiarazione dei redditi. Eppure, somma meraviglia, mi ritengo uno dei pochi “privati cittadini” che ha anche una sfera politica reale nella sua vita.
In verità, e come avrei potuto fare altrimenti, la politica l'ho conosciuta ai tempi dell'università. E sì, al tempo della mia carriera universitaria sono passato per il primo tritacarne approntato dal governo di allora per distruggere una delle poche istituzioni che nel Paese, tra le troppe ombre e pochissime luci, permetteva un minimo di acculturamento e di elevazione civica del popolo. Quindi allora mi sono dato un po' da fare per evitare che cose del tipo “Sistema dei Crediti”, “Tre + Due”, “Corsi di Specializzazione successivi alla laurea (a numero chiuso e a pagamento)” e soprattutto “Vai a lezione 10 ore al giorno dal lunedì al sabato e porta all'esame la fedele riproduzione delle chiacchiere dei tuoi Chiarissimi Prof. senza aver modo di raggiungere una tua criticità”, diventassero le pietre miliari del sistema formativo italiano.
Ovviamente fallimmo miseramente, quelli che sono restati e quelli che si sono aggiunti continuano a fallire altrettanto miseramente. Col senno di poi posso affermare santonicamente che abbiamo sbagliato qualcosa di importante: la strategia. Reclamavamo che la cultura e il sapere fosse libero nel momento in cui cultura e sapere iniziava a diventare la più grande fetta di mercato mondiale. Contestiamo il fatto che esistano Scienziati della Comunicazione che lavorano precari nei call-center, quando invece si dovrebbe fare piazza pulita della cultura, nelle forme di costruzione e di veicolazione così come sono arrivate alle soglie del XXI secolo e ricostruirle da capo.
Mi sento fico a sparare così alto ora che credo di essermi tirato fuori dalla cultura accademica e istituzionale? Forse. Però sono certo di sentirmi con la coscienza a posto. Avrei potuto continuare a impegnarmi in politica, ma poi sono successe delle cose e ho avuto delle esperienze...
Ora come ora mi sento O.K. Sono un privato cittadino con una idea ben chiara sui miei bisogni e sulle mie aspettative e, non ultimo, so quale è il mio posto, i miei diritti e i miei doveri in una società democratica. Non disdegno di dichiararmi quando vado a votare. Dico spesso “il partito che io voto”, e fate attenzione: è una formula che ho scelto mutuandola da certe persone che si riferiscono alle loro ex-mogli chiamandole “la madre di mia/o figlia/o”. Non è un granché, lo riconosco, ma è pur sempre meglio della smaliziata scaltrezza della maggior parte di noi tutti alle elezioni amministrative.
Oltre a questo non mi fa schifo mettere la mia firma quando lo trovo giusto, o scrivere un articoletto di un paio di cartelle per una sconosciuta e-zine o altra pubblicazione (diamine, dopotutto ho il diritto di ritenermi un intellettuale), e anche - perché no - quando mi gira vado pure in corteo, alle manifestazioni, ai convegni (ma questi solo se sono interessanti).
Sono andato persino a votare alle Primarie dell'Unione. E mi ricordo bene di un discorso che feci più o meno a quel tempo con l'amico con cui sono a pranzo. Ora lo riesumo dalla memoria quanto più fedelmente possibile. Mi dispiace se vi state aspettando una discussione più recente forse dovrei farlo se calcolassi anche tra quanto tempo questo scritto vi giungerà sotto gli occhi. Tuttavia, quando arriverete in fondo al discorso, spero che avrete modo di capire che la discussione in oggetto tanto vecchia e superata non è.
"Ovviamente si vince, voglio vedere se Berlusconi non va a casa questa volta". disse lui.
"Come?"
"Come, come? Sta cambiando la legge elettorale in modo che, se perde, 'perde bene'".
"E come sarebbe questa legge nuova? Ancora non sono riuscito a dargli un'occhiata".
"Molto semplice: proporzionale puro con premio di maggioranza. Ah! Liste bloccate e sbarramento al 2%".
"Cioè?"
"Cioè non si mettono le preferenze sulla scheda, sbarri solo il simbolo e poi, quando si fanno i conti, si ripartiscono i seggi proporzionalmente tra i partiti e i loro candidati".
A questo punto al mio amico ebbe un sussulto.
"Ma così i piccoli partiti sono assolutamente penalizzati".
"Esattamente: una belle legge ab personam, come sempre"."E ma così a sinistra resterebbero visibili solo i DS e Rifondazione".
"Meglio no?"
"E insomma...Certo che senza i partiti moderati con...Con il giusto peso sarebbe un po' difficile governare".
"Ma anche no! Dài su, sai benissimo come la penso: il centrosinistra può vincere, ma per me il 'Mortadella' al governo dovrebbe fare molto di più che riportare Luttazzi e i fratelli Guzzanti in Televisione o lasciare la Bocassini e Colombo a briglia sciolta. È fondamentale..."
"Ma cosa c'entra questo! Certo che deve fare di più, però devi capire che non si può governare l'Italia senza sapere che è un paese fondamentalmente moderato. Ma possibile che tu non voglia mai fidare?"
Ecco una bella differenza tra il mio amico e me. Abbiamo avuto una formazione intellettuale comune, molte delle cose che piacciono a me piacciono anche a lui, ma io vengo da fuori, dalla Campagna. Nei miei geni c'è la cultura contadina, quella dei poveracci che se la sono sempre presa in quel posto e non si sono mai fidati del potere e delle classi dirigenti. Per uno come me, ma credo che dovrebbe valere per tutti, In Italia, fidarsi in politica significa affidarsi in mano a delinquenti, o per davvero vi fidate del fatto che Berlusconi abbia cercato di convincere Bush a non fare la guerra in Iraq? (Sì come no, negli stessi termini di D'Alema con Clinton ai tempi della Jugoslavia). Certo, in un dato momento bisogna prendere una decisione e questo significa scegliere da chi farsi votare, accettando i pro e i contro della cosa; ma pensare a Prodi come un a un Tauma-demiurgo, no, mai.
Riprendiamo col resoconto della discussione post-primarie/pre-elezioni.
La battuta stava a me:
"Scusa ma questa cosa su quale libro sacro sta scritta? E soprattutto, quando è stata deliberata dal centrosinistra come Dogma Infallibile? Ma non sarà il caso di finirla con questa storia?"
"Magari, ma poi hai visto ai referendum sulla procreazione assistita"."Senti, lascia pure stare questo discorso che è troppo grosso da affrontare su due piedi. Ma perdio, come pensi che in Italia possa aver successo anche un solo referendum di quel tipo, quando dal 1978 in poi i poteri forti si sono messi al lavoro per togliere all'istituto referendario ogni vero potere di esercizio democratico? L'aver perso quello sul divorzio è già stato abbastanza".
"Quindi la posizione della chiesa non ha avuto un vero effetto?"
"Secondo me stare dietro quella scrivania ti ha un po' rincoglionito. Certo che ha avuto il suo peso, ma tu pensi che dopo la storia dell'ICI le persone riescano a sopportare tanta arroganza e ingerenza?"
"Ma non era stata ritirata?"
"Tornerà fuori in un momento più propizio".
"Allora bisogna davvero rivedere il Concordato".
"Seeeee, ma lascia 'sti discorsi al Cabaret su...Se io andassi al potere il Concordato lo lascerei così com'è: intonso, ma per farmici vento d'estate! Ma che cazzo me ne frega di indispettire la chiesa cattolica quando con una manovra finanziaria posso tagliargli il 10% dei finanziamenti? Poi vedrai se restano zitti o meno sui Pacs".
"E ma allora non sei più un rivoluzionario".
"Se permetti...Ho la grande tentazione di cavarti un occhio dopo questa risposta. Io non sono mai stato un rivoluzionario, oppure – il che è equivalente – io non sono ancora un rivoluzionario. E la ragione è molto semplice: non ho mai preso in mano un'arma per fini politici. Il giorno in cui sarò costretto a farlo diventerò un rivoluzionario".
Tie': colpito e affondato. Poi ci misi sopra il carico da 11.
"E comunque è proprio il momento di finirla con questa nenia del “Centro” perché dopo la stagione della “democrazia dell'alternanza” che sostanzialmente non ha mai cambiato una fava sulle politiche economiche europee, i gran padroni delle multinazionali stanno correggendo il tiro: ora vogliono rifare il centrismo tale e quale a trenta anni fa. E sai perché? Perché c'è stata gente come me e te che si è rotta le palle e dal 2001 in poi è tornata in piazza a cercare di riprendersi il proprio futuro. Quindi, per evitare – magari venisse – un governo che si allea con i settori più larghi, popolari e democratici della società, stanno cercando di creare una base più larga per le solite politiche di destra. Ora dimmi tu se te la senti di buttare nel cesso 10 anni della tua vita credendo che sia pericoloso per la governabilità un Mastella meno forte o un Rutelli che fa il salto della quaglia da qui a tre mesi. A proposito io ci gioco 10 euro".
Spiazzato, basito, annientato. Vinsi io. Ma lo convinsi?
P.Ag
Nessun commento:
Posta un commento