Senza remore e crisi di coscienza, in quel giorno mi immersi nella mattinata della Città tra adolescenti che scelgono il mio stesso stile di vita, casalinghe preoccupate di far quadrare i conti al mercato, liberi professionisti, fattorini, postini, operai edili, tecnici a domicilio, autisti, venditori ambulanti, lavavetri, questuanti, tossici che avevano riguadagnato la facoltà del movimento solo dopo che la temperatura ebbe superato i 14 gradi...umanità insomma.
Ho fatto i miei giri, ho fatto il mio acquisto, ho perso il mio tempo e ho compiuto le mie riflessioni. Col mio solito pizzico di altezzosità ho pensato a quanto sarebbe bello e perfetto se questo sprazzo di Socialismo Realizzato potesse diventare una istituzione della vita di tutti. Già, l'unico problema è che in verità io non sono ancora riuscito a riprodurre un sembiante in single player della vita nel Socialismo Realizzato; devo constatare che sono ancora nell'impasse allo stadio del Socialismo Reale, che in fin dei conti è solo l'applicazione dell'esercizio e dell'equilibrio del rapporto malthusiano tra beni e bisogni – non produco a sufficienza per soddisfare i miei bisogni: riduco i miei bisogni.
A tal proposito debbo confessare che praticamente si era fatta l'ora in cui, di solito, le persone si apprestano a pranzare. Trovandomi in Città, lontano da casa – abito in un piccolo centro un po' fuori mano e il negozio si trova in un terzo centro cittadino di medie dimensioni – non sarei mai riuscito a chiudere il cerchio in tempo. Inoltre avevo speso dei soldi senza guadagnarne alcuno, quindi mi venne l'idea di far visita a un mio amico che lavora in Città presso una pubblica amministrazione.
Quando voglio so essere davvero infido e diabolico. Mi ricordavo perfettamente che quello era il giorno in cui gli toccava il rientro pomeridiano. L'amico non mi sarebbe sfuggito, gli sarei piombato in ufficio esattamente due minuti prima che afferrasse la giacca per andare a mangiare, a quel punto non avrebbe avuto scampo.
Be' ora lasciatemi pranzare
P.Ag
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