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Ditesti

giovedì 25 settembre 2014

Se mi demonetizzi mi demotivi

Poi un giorno si cresce, si matura e ci si emancipa; oppure succede che si sente il morso delle ristrettezze e si inizia a guardare il mondo con occhi diversi. È capitato a tanti, e a tanti prima di noi.
In passato la cosa funzionava un po' come a volte certi film suggeriscono: nel caso che si giunga ad aver bisogno di soldi in tempi rapidi e risparmi o prestiti non sono più accessibili, si guarda in giro per casa, si sale in soffitta, si rovista nel garage e si scelgono quelle cose che non si usano più, le quali sebbene possano avere ancora un valore affettivo sono sacrificabili per avere liquidità immediata. Se si tratta di oggetti d'antiquariato, o di qualsivoglia arte e possono trovare mercato perché rivenduti sottocosto, tanto meglio.
Questo processo si chiama monetizzazione, e ancora prima in un passato più passato aveva come forma principe la messa in vendita dei gioielli di famiglia siano essi stati realmente realizzazioni d'oreficeria, oppure patrimoni di vecchia data cui si attribuiscono importanza virtuale superiore a quella effettiva.

La monetizzazione è un fenomeno da microstoria, insomma

Spero che con poche e semplici ma efficaci parole modellate in un un esempio pratico e comune sia
riuscito a spiegare a dovere un fenomeno della vita economica che passa quasi sempre in sordina, vuoi perché fatto privato ma soprattutto perché ai momenti nei quali si va a grattare il fondo del barile, raramente si dà risalto per ragioni di status e contegno. Invece la monetizzazione è un fenomeno importante, certe volte decisivo nei momenti di crisi economica, quando cioè scarseggiano la liquidità e le opportunità. La monetizzazione è una specie di vendemmia, o una sorta di distillazione: si va realmente a “spremere” con l'interesse di ricavare qualcosa di concreto e d'uso immediato e poco importa - causa le necessità urgenti - se durante questo processo il bene originario si trasforma nella sua natura o addirittura si distrugge.  
Dai processi di monetizzazione - che a volte possono essere anche alzate d'ingegno e altre volte ripari disperati dell'ultimo minuto - possono sortire equipollemente nuove ricchezze o ulteriori depauperazioni, e anche nuove impostazioni di piccoli circuiti economici microsettoriali.
Le forme e i modi di monetizzazione non hanno letteralmente confini, tutto può essere spremuto per far contante; in grande è appannaggio del Mercato e dell'industria istituzionalizzare la monetizzazione di qualunque cosa con l'endorsment delle élite a guida dei Media; nel piccolo tra le persone comuni, si può monetizzare con più facilità anche il saluto, la compagnia, il consiglio professionale - ma anche di fronte a così tanta elasticità, delle regole precise e puntuali per far funzionare il processo di monetizzazione sono assolutamente necessarie, per evitare la perdita del tempo e lo spreco di risorse che invece potrebbero essere preziose.

Monetizzare e Internet: qualche regola dovrà pur esistere, non si crede?

Nel caso in cui si voglia cercare di creare un canale di monetizzazione delle attività internautiche con l'intenzione di offrire un servizio con un reale ritorno economico, è essenziale porre in essere un ambiente dove massima sia l'apertura verso l'utenza delle più variegate qualità, e che questa trovi il modo migliore per esprimersi ed interagire con il sistema altrimenti non funziona nulla.
Voglio fare una critica a tutti gli operatori economici, di mainstream e i piccoli imprenditori della Neteconomy. Sono tutti soggetti che da anni, e a gran voce, e persino ponendo in essere investimenti sostanziosi, chiedono e richiedono la più grande apertura e deregolamentazione dei mercati in ogni settore, per togliere le briglie alle energie e alla produttività, e ancora oggi sono tra le persone che più spesso rimasticano il mantra dei «lacci e laccioli» da rimuovere, perché strangolano e rallentano ancora le loro opportunità di guadagno. Ma anche loro stessi per primi - e forse neanche se ne rendono conto - oberano inutilmente le relazioni economiche comprimendo il volume degli affari possibili.

Prendete per esempio le norme e i regolamenti privati alcune case d'aste telematiche: a volte hanno surplus di “leggi” e regole che superano di gran la lunga la giurisprudenza statale. Ma soprattutto andiamo a guardare il caso specifico dell'ultima frontiera dei processi di monetizzazione: la messa a produzione delle attività di comunicazione sociale su Internet.

Sul Web è nata una nuova forma di modernità, ma pochi se ne rendono conto.

In questo caso sembrano esservi due grandi tipologie di apparati web: i siti a iscrizione libera che ricadono sotto la categoria dei Content Marketplace o Paid to Write (che sono due cose diverse) e portali o siti Web di agenzie di Copywriting più “personali”, meno generalisti dei primi, delle vere e proprie aziende di profilo e impatto più “umano”. Pur operando nello stesso e identico settore, le differenze tra le due sono notevoli. I Content Markeplace e i Paid to Write sono delle specie di Social Network in piccolo, o comunque sia sono dei portali di stampo “generalista” e a libero accesso, nel senso che, come ho già avuto modo di scrivere altrove, qualsiasi pinco pallino può registrarsi lì e iniziare una più o meno improbabile carriera di monetizzazione del proprio estro cerebrale. Aggiungiamo pure l'aspetto niente affatto secondario per il quale è percezione comune che dietro questi portali ci sia un “sistema” del tutto anonimo e disumano. Nessuna reale persona a controllare gli iscritti e le loro attività, ad approvare e giudicare gli articoli inviati premiando realmente i contenuti di valore: solo dei BOT che fissano compensi incrociando le ricorrenze delle parole chiave richieste dai committenti per il numero di parole al quale gli articoli devono assommare e, nello stesso identico modo, approvano e pubblicano i testi confrontando identicità e simiglianza dei paragrafi con quelli più famosi e trattanti gli stessi argomenti - poiché è questo il concetto attuale di originalità.
C'è chi - e chi se non la famigerata coscienza collettiva? - potrebbe ora soggiungere e far sovvenire una critica epigrafica caustica e sprezzante che condanna i Content Marketplace (soprattutto) rei d'aver abbassato drasticamente non tanto la qualità della produzione dei contenuti sociali, ma sibbene la “qualità della vita” del popolo che cerca di operare - e sopravvivere - tra webmarketing, viral trend e gossip news poiché un sistema ipergeneralista senza un reale controllo umano diretto dei Contents apre una larga strada quanto un disboscamento amazzonico alla precipitazione dei salar.. ops! ...dei giusti compensi ai liberi professionisti possessori di partita IVA. Il grado ultimo della decadenza, qualcosa simile a un incubo ucronico da Stato a regime totalitario, può essere interpretato ed estratto dall'osservazione sulle offerte di pagamento che ormai non riescono ad arrivare oltre lo scollinamento della cifra di un euro per pezzo di media estensione (500 p.l.re) ma adornate d'imperlate raffinatezze e preziosità.

Di fronte a tutto questo le altre aziende o imprese, cioè gli altri siti Web che si presentano come dei punti di contatto tra aspiranti lavoratori del Web e imprese, sembrano stagliarsi come qualcosa di più nobile e degno rispetto a quella zuppa di minestrone che è marmaglia e briciole. Offrono immagini più dirette e reali, e forme più variegate ma concrete proprio con l'intento di presentarsi in qualità di sub-specie agenzie con un portafoglio clientelare superiore, disposti a esborsare denaro in somme meritorie di migliore considerazione anche nell'eventualità che tutta la magnifica azienda non sia altro che messa in piedi e gestita da una sola pover'anima la quale, povero diavolo, di fronte alle innumerevoli possibilità di guadagnicchiare che lavori e lavoretti offrono, non ha cuore e sentimento di rinunciare a tutte le possibilità e si dibatte alla ricerca di collaboratori da irregimentare nella speranza di elevarsi effettivamente a un rango manageriale per faticare meno e guadagnare più.

Tra Startup e microimpresa fai-da-te


Queste sono le formule attualmente tra le più perdenti in assoluto, perché da un lato proprio il rapporto più personale che si può instaurare tra gestore del sito/distributore/filtro delle opportunità di lavoro e aspirante lavoratore vede incrementare il tasso di sospetto e sfiducia collettiva che permeano questi ambienti: dico quel dubbio, praticamente una certezza, per il quale si sa che prezzi e compensi vengono tenuti volutamente bassissimi ma le pretese di tempo da dedicare e di qualità degli elaborati sono altissime. In secondo ordine, e forse in grado d'impatto ancora più problematico, questo genere di affari rischiano di non funzionare perché sembra proprio che ci sia un processo stupido ma scientificamente organizzato per demotivare gli aspiranti collaboratori.
Chi non avesse provato di già, è invitato a impiegare un paio d'ore del proprio tempo nel cercare questi siti Web di “alto livello” e nel tentare di proporsi per lavorare con loro. Il risultato massimo e maggiore si può ottenerlo creandosi una casella di posta elettronica completamente nuova e slegata da ciascuna delle nostre identità reali e virtuali e arrivare su questi siti iniziando a contattare i responsabili della selezione scrivendo poche parole di significato: «Salve, sono una persona capace di fare questo lavoro, sono seria, ho a mia disposizione i tempi e gli strumenti giusti per lavorare con voi, fatemi provare».
Può apparire questo come un modo di presentarsi tra i più superficiali e aleatori possibili perché decidiamo di far venire meno ogni buona usanza beneducata e formalmente borghese fatta di titoli di studio e specializzazioni, premi, riconoscimenti, esperienze e raccomandazioni, tutto questo proprio in un periodo nel quale redigere profili, scrivere biografie personali e dedicarsi a sistemare e a renderizzare i portfolii di ogni cosa mai fatta in vita, sembrano essere i passatempi più importanti ora come ora, fino a far passare l'idea che il menarsela sia un'istituzione. E invece no, proprio no e poi ancora no. Forse il settore è solo qualcosa di bassissimo livello - ma a sentire e leggere i toni dei suoi propagandatori - forse siamo arrivati a quel momento nel quale l'accelerazione della vita produttiva e lavorativa è diventata così forte da lasciare indietro, bruciandoli in coriandoli per forza d'attrito, tutte quelle forme di presentazione e quei passaggi di conoscenza e valutazione sulle persone che hanno resistito fino a qualche anno fa, e che probabilmente devono decadere, in quanto ultima forma di rigidità in un modo lavorativo a flessibilità matura.
Invece quei siti “vecchio stampo” dove dominano ancora (?) i sistemi di valutazione preventiva per l'entrata nel “club”, nella “tribù”, dove la fiducia al lavoratore che non viene neanche assunto viene concessa dietro l'osservanza di regole di condotta e di presentabilità; tutto crea meno che velocizzazione dei processi di produzione in quando demotiva l'aspirante fino al livello di demotizzare ogni sua attività connessa.

Demotivare non pare il sistema migliore per selezionare

Come qualche volta abbiamo sentito dire: «trovare lavoro è un lavoro a tempo pieno» e non è mai stata cosa più vera; la differenza sottile è che si guadagna nella ricerca di un lavoro quando lo trova nel giro di pochissimo tempo, e francamente credo proprio sia il caso di finirla con l'ipocrita burla per la quale si fa passare un posticino di manovalanza intellettuale o manuale saltuaria o a prestazione occasionale al pari delle più prestigiose posizioni d'élite dell'alta finanza mondiale!
In un certo senso questo gioco suggerisce di far analogie con i fenomeni assurdi di corteggiamento amoroso: basta risalire qualcuna delle righe che ho appena scritto e sostituire i soggetti per avere i termini dell'assurdità cui si può arrivare. Come se, in sostanza, per certa gente fosse più importante inventarsi il potere di scegliere e selezionare che far funzionare la propria azienda e guadagnare, e vi assicuro che io stesso ho ricevuto una specie di intervista telefonica perché dimostrassi di avere le caratteristiche giuste per un lavoretto da una decina di euro al giorno. Per quanto mi riguarda la sproporzione di fatti e cose è talmente assurda da poterla spiegare solo o con un ritardo mentale e culturale di certa gente a dir poco imbarazzante o con una sperequazione tra costi e profitti da ira popolare e linciaggio. Tuttavia per quanto concerne la mia minima esperienza ed esistenza individuale, la quadratura del cerchio la trovo nel ritornello: se mi demonetizzi mi demotivi; e allora lasciamo stare, passo oltre, verso qualche che pare essere concepito più in armonia con l'attuale modernità rapida e superficiale.


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