Parliamo un po' della violenza e della politica.
Inizio col dire che in questi ultimi anni la violenza politica sembrava conoscere solo una connotazione di parte, quella di destra. Dopo la chiusura dell'ultimo ciclo di Brigatismo Rosso, ma soprattutto dalla morte di Carlo Giuliani, grande è stato lo sforzo di tutte le istanze di sinistra di porre fine a ogni tentativo di legittimare la violenza nella temperie politica, approdando all'assunzione della non-violenza come nuovo carattere fondante della sinistra, anche di quella estrema. Restano fuori da questo solo gli anarco-insurrezionalisti, ammesso che proprio nel recentissimo passato la loro attività non si sia del tutto spenta. Tuttavia la violenza praticata dagli anarco-insurrezionalisti, pur restando ugualmente violenza, si rivolge a oggetti particolari: i simboli del potere, le proprietà del capitale, un obiettivo sensibile che se distrutto può causare danni a una compagnia. C'è una differenza sostanziale tra l'oggetto di questa violenza e quella della violenza fascista, all'attacco dei singoli, delle persone, degli estranei, dei diversi, degli omosessuali, degli extracomunitari, di chiunque dia sentore d'inimicizia, come pratica autoleggitimante di un movimento politico che vorrebbe (e già lo è stato) controllare tutto ciò che vive nelle sue minime espressioni e più piccoli recessi della società.
C'è chi vuole evitare di dire pane al pane, e svicola condannando certi episodi come atti di bullismo, oppure con una formula più elegante tentano di tirare in ballo il nichilismo. Purtroppo c'è una continuità oggettiva tra gli atti di violenza ultimamente conosciuti e il fascismo – e, anche a livello teorico, la contiguità tra nichilismo e fascismo è abbastanza forte – e l'appartenenza di un indagato per aggressione, lesione od omicidio a gruppi nazifascisti, oppure una forte simpatia per questa ideologia, come testimoniano gli atti delle forze dell'ordine. Persino nel caso in cui dalla cameretta di un ragazzo o dal suo computer non salti fuori alcun materiale compromettente sarà sufficiente fare con lui una chiacchierata per capire come le sue prospettive combacino perfettamente col nazifascismo.
Non sarà invece sufficiente dire “ma questo del fascismo non sa assolutamente niente!”, perché non è necessario essere dei fini intellettuali per aderire sfegatamente al fascismo e praticarlo nelle sue condizioni più estreme (cosa che vale anche per il comunismo).
Il punto è che la violenza è un elemento fondante del fascismo, il dubbio non v'è, e se qualcuno vorrebbe sollevarlo si studi la storia: il biennio '21-'22 , le elezioni del '24, la Notte dei Cristalli, oppure pensi se possa esistere un fascismo senza violenza, senza la “libertà” del singolo uomo di ricorrere ai propri mezzi per difendere i suoi “valori”.
Un'altra cosa allarmante è che questa idea di violenza si sta diffondendo in strati sempre più ampi della popolazione e sta contaminando “colori politici” che non dovrebbero. Per aver conferma di questa affermazione basta fare qualche domanda in giro.
Perché si è arrivati a questo punto? Perché il fascismo, che non è solo un movimento politico definito, ma anche un modo di avvicinarsi alla vita sociale, sta tornando in Italia.
Si tratta di una sconfitta culturale? Io credo di no. E lo credo in primo luogo perché a voler tirare in ballo quel massiccio montuoso che è la questione culturale in Italia, si finisce travolti da una valanga col risultato che le montagne restano sempre là.
Io penso che invece sia una ben precisa questione politica a essere alla base di questa nuova dilatazione del fascismo nella società italiana, ossia della connivenza tra alcuni dei più importanti gruppi politici italiani e i gruppi più estremi della destra.
Così come c'è un'oggettiva continuità tra il bullo più ignorante e brutale del paese e l'ideologia fascista, c'è anche una connivenza tra alcuni gruppi importanti della politica e i fascisti propriamente detti. È un'affermazione pesante e sarebbero necessarie tante prove, un lungo lavoro di ricerca e d'indagine il quale, però, anche se portato fino in fondo con tutto il rigore possibile, resterebbe sempre opinabile, in quanto le connivenze reali si nascondono nei vissuti individuali, nelle vicende microcosmiche che prendono luogo nell'ambito formale della politica solo a bassissimo livello. E spesso la replica a un'accusa oggettiva potrebbe essere semplicemente che a quel livello le storie sono così “dirette”, e vertono su questioni così immediate per le quali certe categorizzazioni non valgono, vale l'uomo prima del politico.
Però c'è una prova forse non così evidente ma molto più valida a sostegno della mia tesi: manca ancora una forte abiura della violenza fascista, una sua sconfessione insindacabile da parte di alcuni gruppi politici importanti. Certamente, essi hanno fatto molti gesti “a favore” delle vittime del nazifascismo, ma devono farne qualcuno anche contro il fascismo, altrimenti quella è solo ipocrisia.
Tuttavia è una cosa difficile da fare, perché questo genere di connessioni sono del tutte teoriche, basate sulla suggestione e sull'immaginario di chi sente “amico” certi importanti gruppi politici percepiti come partiti che, per una questione di realpolitik hanno preso una nuova collocazione, ma restano nell'intimo ancorati al passato (o così vengono creduti). Questo genere di connivenze sono convenienti per tutta una serie di questioni, e quindi si cerca di non mandarle a male.
È difficile rinunciarvi specie quando si è chiamati a esprimersi e a porre fini a certi atti orribili, ma a quanto pare hanno trovato una soluzione: per questi casi adottano l'ultimo ritrovato della scienza politica italiana, la Tecnica della Smentita.
Prima si dichiara qualcosa che al limite non è contro i fascisti, poi quando si alza il polverone della polemica si smentisce seccamente, ma nel frattempo... “chi doveva capire ha capito”, e non c'è neanche bisogno della strizzatina d'occhio.
Usata così la Tecnica della Smentita produce ambiguità ed è sintomo di connivenza.
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