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Ditesti

giovedì 7 febbraio 2008

Warning: Paolo Augusto è in giro

Niente è più pericoloso di un misantropo che esce di sera

Dopo cena mi cambio ed esco.

È giovedì sera, non sono molto uso di uscire prima del venerdì o addirittura del sabato. Anzi, ultimamente non esco quasi per nulla, un po' perché mi ritrovo ad essere decisamente più intrattabile del solito, un po' perché andando gli affari a rilento devo centellinare gli euro. Ma questa sera è una serata speciale: Drumthalya mi ha invitato al primo concerto che organizza lei.

Drumthalya è una ragazza conosciuta un po' di tempo fa. Una di quelle ragazze che non dovrei più conoscere perché sarebbe anche ora che iniziassi a tagliare qualche vecchio cordone ombelicale. Per esempio quelli che mi legano alla Città e alla vecchia vita universitaria, specie quella notturna. È stato decisamente una sorta di assillo per me fino a qualche tempo fa. Una questione, mi dicevo, di ritmi di vita, di nuovi ritmi di vita che non riuscivo a costruirmi.

Ho fatto più notti insonni da quando mi sono laureato e sono entrato nel mondo del commercio, di quando studiavo in Città. Per un casino di tempo andavo e venivo dal negozio ai locali del centro, poi casa per dormire tre o quattro ore, farmi una doccia e ripartire.

Va be', sono e resto un privilegiato: se facevo l'operaio di sicuro sarei stato un'altra “morte bianca” in breve tempo. Quindi basta piagnucolare Paolo, rischi di diventare antipatico alle persone.

«Non è un problema mio», risponde Augusto.

Ma questa storia della mia vita sociale in città mi ha tormentato per un bel po', fin quando non me la sono tolta via come si toglie via un dente che duole.

Il fatto è che la Città in cui mi sono laureato non è proprio né questa gran metropoli né il massimo del divertimento per me. Troppe vetrine, troppi disco pub che suonano solo musica da discoteca, troppa birra che sponsorizza le multinazionali, troppa gente con il gessato anche il martedì sera, troppi gin lemon e troppi nasi bianchi. Gente da vomito. I locali un minimo decenti, dove entri anche da solo, conosci il tipo che sta dietro il bancone e se ti prende in simpatia dopo un po' ti fa lo sconto, sono troppi pochi, per non parlare di quelli in cui si cerca un minimo di socialità, invece che entrare perlomeno in due, sedersi a un tavolo, ordinare, consumare, mostrarsi, pagare, uscire, sbattersi, farsi, crepare.

E ciò che mi ha fatto crescere il livore per questa situazione è che puntualmente, se non era una sera sarebbe stata sicuramente l'altra, puntuale ci incontravo Atremis. Quasi per un anno da quando, l'ho (?), ci siamo (?), mi ha mollato lei (?) me la sono ritrovata tra i piedi. Cristo, di solito io sono uno che ci parla con le donne, prima, durante e anche dopo che la storia è finita (a volte erano loro a non volermi parlare, ma pazienza, di solito non me la prendo), ma quella cazzo di situazione diventava insostenibile.

Ed era anche assurda. Perché, dopo essermi lasciato con lei, io sono caduto in una specie di “limbo” costituito da questa vita che faccio, lontano da dove avevo trascorso gli ultimi anni della mia vita, lontano da amici, interessi, circuiti di relazioni e ovviamente single. Lei invece trovò immediatamente compagnia. In pratica: lei si era immediatamente rifatta una vita, io no.

Vi aspettereste quindi che ogni volta che l'incontravo cadessi in un miserrimo e piagnucoloso stato di malinconia da insoddisfazione?

Be'...potrebbe, non mi sono mai considerato uno dal cuore di cuoio più duro e levigato della sella di cowboy, ma non è proprio questo il caso. La nostra storia è finita male, sono successe troppe cose, gliene ho fatte davvero troppe, roba da denuncia penale. Eppure le situazioni erano grottesche, assurde, terribili. Ci parlavamo di tutto e di più ma nessuno dei due ascoltava. Lei magari mi raccontava dell'ultimo libro che aveva letto, io che avevo ancora le mani sporche di residui grasso ed olio perché avevo perso tutto il pomeriggio in una ricorrente compulsione a rimettere in sesto la mia vecchia motocicletta. Ognuno andava avanti nel suo discorso a casaccio, ognuno si beveva il suo drink, nessuno stava ad ascoltare l'altro perché erano gli occhi a comunicare tutto quello che c'era da dire. Io: «perché sei ancora innamorata di me?»; lei: «perché vuoi scoparmi e non me lo chiedi?». Ma ovviamente, nel nostro perverso mondo dominato da una nefasta stregoneria, eravamo maledetti: non potevamo rispondere alle domande più ovvie e necessarie. Sarà capitato anche a voi no?

Quindi una bella sera, non potendone più di tutto questo, ho preso e ho cercato di tagliare sto maledetto cordone ombelicale con la Città, almeno, speravo, me la levo dalle palle una volta per tutte.

E invece, non solo non mi è riuscito affatto bene, ma addirittura, è andata come sappiamo. E sì: se una cosa mi riesce bene è quella di combinare cazzate di dimensioni immani.

Ogni tanto putroppo mi prende la noia, e mi faccio un giro. E gira gira, ricado sempre nelle solite dimaniche da dieci anni a questa parte, le solite tipologie di persone: più o meno studenti universitari. Così ho conosciuto per caso Drumthalya una sera, insieme ad altri suoi amici e amichette, in un pub.


Ma non era meglio se accendevo la radio durante questo viaggio in macchina?

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