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Ditesti

lunedì 1 agosto 2022

Clifford Geerzt e il Deep Play

 

Clifford Geertz (1926-2006) è stato un antropologo statunitense tra gli altri autore di un saggio dal titolo «Il gioco profondo» compreso in un suo libro-raccolta dal titolo «L'interpretazione delle culture».

Il saggio venne scritto nel 1973 e prima di tutto è uno di quei speciali capolavori dell'Antropologia di due generazioni fa, capace di sobbarcarsi il compito di mostrare delle chiavi di volta dell'umanità a partire da manifestazioni della cultura sconosciute alla massa e a prima vista del tutto marginali.




Nel saggio viene analizzato l'avvenimento sociale del combattimento tra galli che si tiene annualmente sull'isola di Bali. Una pratica da anni considerata barbara e inaccettabile che consiste nell'animare un giorno speciale e festoso organizzando dei combattimenti mortali tra gli animali. Il testo è molto datato e credo che chiunque possa grossomodo prefigurare gli aspetti salienti dell'evento sulla base del minimo accenno fornito: in quel giorno la gente di Bali si muove dalle sue comunità di residenza per radunarsi nel luogo in cui si tiene la festa e i combattimenti. Tutto è tradizionale, anche nei tempi più recenti in quel giorno i partecipanti tralasciano molte delle loro abitudini e costumi moderni per tornare immergersi in un passato che, in realtà, è l'ossatura costituente della loro cultura nativa. Così queste persone che giungono sul luogo, provenendo da luoghi diversi dell'isola, portano con loro diversità comunitarie e anzi, le rivendicazioni delle loro appartenenze a gruppi diversi si fa ancora più acuta ed essenziale. Infine ogni festa ha i suoi momenti di rito e di gioco, due dimensioni sociali così prossime tra di loro che possono essere immaginati con una forma bicipite: un corpo con due teste, con queste teste che possono prevalere alternativamente l'una sull'altra, ma mai ottenere il completo controllo del corpo, così che una testa infine ucciderebbe l'altra. Quando c'è una festa con un gioco tra le sue attrazioni, e questo gioco è una competizione agonistica, o le somiglia, com'è il caso di due animali che combattono fino alla morte senza sapere il perché, pare una conseguenza inevitabile delle cose umane che gli spettatori vadano oltre il semplice godimento della scena, ma creino un gioco parallelo a quello d'àgone (qui para-àgon) ponendo in essere l'attività ludica della scommessa sull'evento.

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I combattimenti tra galli dell'isola di Bali hanno tutti questi aspetti come elementi che influiscono sul gioco e sugli uomini che ne prendono parte. Ogni allenatore di galli viene da un luogo diverso dell'isola, perciò ciascuno di loro rappresenta in qualche modo la comunità da cui proviene. Tutti gli allevatori che portano i loro galli a combattere e morire, lo fanno per ragioni veramente “sportive”, persino i premi in denaro che riescono a vincere sono, in realtà, compensi dilettanteschi, perché non c'è un monte-premi né si tratta di un vero torneo: ogni combattimento è come una competizione unica e rituale e prima di ogni lotta i due proprietari si sfidano, ponendo in palio tra loro due una somma, che spetterà al padrone del gallo rimasto sulle proprie zampe alla fine del combattimento: non c'è limite né sistema di regole fisse stabilite su questa scommessa, i due sono liberi di agire e proporre come meglio credono, mentre il pubblico interessato li osserva e poi, una volta stretto il patto tra i due contendenti, gli spettatori scommettono a loro volta sull'una o sull'altra bestia con gli organizzatori del combattimento.

Qui succede una cosa di cui non ci si rende conto immediatamente.

Sarebbe possibile trattare il combattimento tra due galli come una corsa di cavalli all'ippodromo, utilizzando almeno in parte alcune conoscenze e competenze che rendono, guarda caso, la scelta del cavallo su cui puntare meno “aleatorio”? Grossomodo qualcosa del genere è possibile, in ogni scommessa su eventi non completamente casuali si può per l'appunto intervenire per ridurre l'azzardo, a volte, nelle previsioni su fatti molto seri, fino ad annullarlo. Tuttavia l'universo è talmente vasto nelle sue probabilità, che considerato in una teoria del ludus quanto più generale si possa, in questa il caso minimamente probabile vale quanto quello che si verifica novantanove volte su cento, perché uno dei perni del gioco si fonda su questo: sull'imprevisto imprevedibile che ribalta il corso “consuetudinario” della vita, scombinando e ribellandosi al «così sarà perché è sempre stato in questi termini». (Quest'argomento può essere espanso e approfondito in molti gradi e proporzioni).


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Geertz giunse a una conclusione, che rappresenta parte della nostra costituzione antropologica e quindi vale per ogni tipo di gioco. La conclusione afferma che la molla profonda (da qui la nozione di deep play, gioco profondo) che scatta durante una tornata di scommesse, non si ritrova nel piacere di affermare le proprie doti d'intelligenza, riuscendo a prevedere il risultato di un evento con esattezza, come fosse una competizione; in quanto gioco aleatorio tutti questi elementi di razionalità rivestono, al limite, un ruolo secondario e non assecondano né sono i responsabili di quello che è il fascino dei giochi d'azzardo: non tanto la vincita della somma, ma l'eccitazione di poter vincere tanti soldi, il brivido sottile o vertiginoso che ha volte diventa un grido di gioia sfrenata.


Per ottenere questo, anche nei giochi di scommesse, consapevolmente o meno l'essere umano si getta capofitto nell'abisso dell'irrazionale, perché è esattamente contro ogni logica vincere quando non si fa nulla per ottenere il risultato ed è ancora meglio quando si ottiene un risultato contro ogni pronostico.

Nella sua ricerca sul campo Geertz ha osservato e testimonia con il suo lavoro che tutto questo avviene durante le scommesse sui combattimenti fra galli, perché il gioco diventa sempre più animato, partecipato e partecipato con grande passione dagli scommettitori, non in un momento predeterminato da un sistema, per esempio, come avviene nelle competizioni dei tornei, nei quali di solito la massa degli spettatori è relativamente fredda e distaccata durante le fasi preliminari, ma il suo atteggiamento cambia mano a mano che ci si avvicina alla finalissima. Nei combattimenti tra galli lo spettacolo può raggiungere il suo maggior climax in un momento qualsiasi, a patto che si verifichi una condizione. Questa condizione è costruita dal passaggio in cui i due proprietari si presentano sul luogo del combattimento e stabiliscono la posta in gioco tra loro. I modi con cui questa si risolve possono essere tra i più disparati, da una sorta di contrattazione come si fosse al mercato dei bovini, ai gesti di sfida estremi e provocatori. Tuttavia più alte sono le somme che i due allevatori mettono in gioco e più forti sono i mezzi d'espressione e gli atteggiamenti usati, maggiore e proporzionale è la, puntuale, risposta, degli altri scommettitori, che si appassionano di più al combattimento e più alto puntano.

È questo il parametro reale sul quale gli scommettitori si basano per decidere se puntare o meno (innanzitutto) e su quale puntare e quanto. È un parametro visibilmente e completamente irrazionale, che non alcuna vera attinenza con l'animale che si sobbarca l'ingrato compito di uccidere o essere ucciso, compiendo l'evento, ma è esattamente quello che avviene regolarmente sull'isola di Bali e in modi molto più sottili, ma nel profondo ricorre con perseveranza, in tutti gli altri casi nei quali c'è un evento (sportivo o meno) su cui vengono effettuate delle scommesse.

Per questa ragione ho concluso sul saggio facendo più di un paragone o di un parallelo tra il tifo sportivo e la scommessa: sembrano, e forse lo sono indiscutibilmente, le due facce della moneta.

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