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Una delle ragioni per le quali ho preso in mano il lavoro di Roger Caillois «La maschera e la vertigine», è stata data dal fatto che sin dalla prima lettura ho trovato la sua teoria della mimicry, formulata alla metà del Novecento, diventata oggi insufficiente a raccogliere le specificità dei giochi di ruolo – il tipo di attività ludica di cui mi interesso prevalentemente. Da qui la mia intenzione di verificare e revisionare la sua teoria generale “delle quattro categorie”, che per quanto riguarda questo punto specifico, è tutt'ora in divenire.
Ma questo non sembra essere l'unico difetto della succitata teoria, e potrebbe essere il caso che i sistemi ludici, non siano realizzazioni dell'intelletto forzabili dentro delle categorie ortogonali, al pari di molte altre manifestazioni della cultura.
Per spiegare meglio faccio un paragone: prendiamo le scienze.
Ogni giorno le scienze giungono a nuovi risultati, perfezionamenti, innovazioni e anche a scoperte ex novo di cose sulle quali “fino a ieri” non ne sapevamo proprio nulla. Così appare assolutamente scontato, se non dovuto, che esista una «storia della Scienza» che può articolarsi in tanti settori, tra cui, quelli che appaiono fondamentali sono la «storia delle Scoperte scientifiche», poi la «storia degli Scienziati» (le loro biografie, opere e dispute) e infine la «storia dell'Evoluzione tecnologica». Il punto fondamentale è che l'ultimo modo di fare questo genere di storia è essenzialmente diverso dagli altri due. Quando nelle scuole ai bambini si insegna i fondamenti della Geometria e della Matematica, seppure non gli viene mai detto, e neppure lontanamente lo sembra, questi bambini apprendono le prime scoperte dell'uomo in fatto di scienza: concetti e principî delle scienze pure che solitamente facciamo risalire all'VIII secolo prima di Cristo, ma per convenzione, cioè solo perché abbiamo delle fonte scritte dei tempi della Grecia antica, che risultano essere i testi più antichi che trattano queste materie (quando invece è opinione comune che certe conoscenze matematiche e di altre materie dovrebbero essere anteriori oltre mille anni ai Greci).
Comunque: una volta imparato il teorema di Pitagora sapendolo applicare e sapendo su cosa applicarlo, cosa succede alla storia della Geometria? Nulla: si passa a un nuovo argomento. Ogni volta che una scienza ha creato una nuova nozione, la storia di questo risultato, teoria o principio si chiude lì, salvo invalidazione, e rimane inalterata per sempre – si capisce ora, senza grande sforzo, che la storia dell'Evoluzione tecnologica è cosa molto diversa: non è “cristallina” come quella delle scienze pure, le ricadute e le ripercussioni sul mondo e sull'umanità delle applicazioni scientifiche hanno moltissime questioni irrisolte e, soprattutto è una storia che si muove attraverso degli «eventi» che sono sviluppi, connessioni di cause ed effetti, mutamenti e molto altro.
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Le stesse differenze e problematiche si presentano nella storia dei giochi. Prendiamo gli Scacchi: è noto che la prima versione di questi sia nata in tempi molto antichi in India e poi, una volta giunta in Europa, subì delle trasformazioni in fatto di numero e tipi di pezzi con i loro movimenti definiti, finché si stabilizzò definitivamente nelle sue regole e meccaniche – un percorso che molto sommariamente vede l’arrivo del gioco in Europa nell’XI secolo, la sua definizione nelle regole e meccaniche così come le conosciamo oggi, intorno al secolo XV e un’ultima codifica, che lo portò a essere un gioco di rilievo internazionale nel XIX secolo. Quindi avremmo un Capitolo primo, che è quello della preistoria degli Scacchi e un Capitolo secondo: gli Scacchi “moderni”; un terzo capitolo che continui a trattare del gioco in sé, non è possibile, perché non si può aggiungere altro in quanto il gioco non è più mutato. Certo: esiste una sterminata letteratura specializzata che riporta le vite e le imprese dei grandi campioni, la storia dei tornei più illustri e l'analisi delle strategie che sono state sviluppate dai maestri che, effettivamente, hanno avuto un momento di comparsa nella storia, e sono, secondo la terminologia dello storico degli «eventi»: fatti che si sono verificati una volta nel corso del tempo e che hanno comportato effetti responsabili di trasformazioni, anche globali, nel mondo particolare dei giochi senza dubbio, ma in alcuni modi e casi arrivano a toccare tutto il mondo della cultura umana nel suo insieme.
Tuttavia se restiamo al livello del gioco degli Scacchi nudo e crudo, va riconosciuto un aspetto, se vogliamo pure paradossale: nonostante la vastissima complessità del suo sistema e l'apparente inesauribilità delle strategie e degli accidenti che possono verificarsi durante una partita, il sistema ludico degli Scacchi è un mondo chiuso in 64 case e trentadue pezzi, ciò significa che è un universo finito, così come l'elementare gioco dei dadi delle taverne nei tempi andati, che possiede anche lui un universo chiuso e finito, rappresentato dalle combinazioni dei risultati del lancio di due dadi e dalle probabilità fisse dei risultati di ciascuno di essi e nient'altro. Questo è il dato essenziale che determina l'a-storicità degli Scacchi e di molti altri giochi a esso affini e non: finché le “istituzioni” che sorreggono i sistemi ludici non intervengono per apportare modifiche al sistema delle regole o alle meccaniche, il gioco non si evolve affatto; lo stesso si può affermare per molte competizioni atletiche olimpioniche: i Cento metri di velocità, per esempio; ma per il gioco del Calcio o per il campionato mondiale di Formula 1 i cambiamenti alle regole sono diventati una consolidata tradizione a cadenza stagionale, tale che la storia del Calcio o delle corse non possono esulare da questi, anzi in molti casi sono determinanti per l'esito delle competizioni.
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Gli Scacchi sono un gioco agonistico: due competitori si sfidano e usano la loro materia grigia per prevalere, i dadi sono un gioco d'azzardo che non hanno conosciuto vera evoluzione, mentre gli altri giochi a estrazione, che considero la forma archetipica più pura dei giochi aleatori, ne hanno eccome.
Ma ora la questione trova un'altra sfaccettatura, una cosa propria dei giochi d'azzardo che non condivide con nessun altro tipo di giochi. Il termine che credo migliore per definirla, salvo rettifiche successive a causa della sua ambiguità, è immersività totalizzante. I giochi agonistici non sono mai nati per essere degli spettacoli, l'elemento di un pubblico che assiste partecipando soltanto emotivamente ai bordi del campo, è un accidente che si verifica grazie a condizioni che non riguardano il sistema ludico: milioni di persone osservano competizioni del tutto idiote e puerili nei Broadcast televisivi, e anche se sono degli spettacoli, e gare per lo più manovrate, sfruttano il Ludus perché è la ragione della loro esistenza: senza il punto di partenza convenzionale, “facciamo una cosa simile a quel gioco...”, molti show televisivi non sarebbero stati inventati. All'altro estremo ci sono delle competizioni per loro natura incredibilmente spettacolari, di cui siamo certi dell'esistenza e dei loro pregi, ma in pochissimi se ne interessano attivamente. I giochi d'azzardo innescano invece qualcosa di completamente diverso: non importa quale tipo di gioco sia né la quantità di persone attratte, persino la separazione tra giocatori e spettatori decade, perché nel momento in cui il meccanismo aleatorio entra in funzione per designare vincitori e perdenti, tutti ne subiscono il fascino: le graduazioni possono essere molteplici, ma sul fondo del barile chi non ha scommesso nulla subisce gli stessi stimoli di chi ha scommesso un'inezia – sfizio, mera curiosità, forse invidia per chi sbanca e forse compassione per chi si è giocato la camicia.
Alcuni giochi aleatori possono evolversi nel corso della storia sulla base di questo parametro: come riescono a raggiungere e a coinvolgere gli uomini, anche i «non giocanti», mentre altri restano confinati tra i muri che sono stati eretti per cristallizzarli. I giochi a estrazione, che non sono esattamente identici a quelli per sorteggio, hanno avuto diversi momenti di evoluzione e cambiamento, fra cui quello più imponente è stato il nascere delle Lotterie nazionali, sotto forma di eventi di massa stagionali in quasi tutti i paesi industrializzati.
L'aumento del tasso medio dai tecnologia nelle comunicazioni di massa è stato senz'altro il loro presupposto storico, l'espansione del bacino dei partecipanti a cifre di milioni di persone per molti milioni di tagliandi venduti potrebbe essere considerato il più importante risultato, insieme a fatti di costume e colore che l'accompagnarono, senza però che quest’ultimi vi si accodino umilmente. Basta soffermarsi a riflettere su quali funzioni possono svolgere in questo sistema ludico fattori come gli spettacoli di massa collegati alle estrazioni finali e agli anonimi vincitori dei primi presi che sono di colpo scaraventati nell'olimpo dei milionari o dei miliardari (cose di cui Caillois tratta in dettaglio con annessi e connessi); essi riescono a determinare il «simbolico» per questi giochi d'azzardo, il loro senso, che in quasi tutti gli altri di categoria diversa, e in parte anche agli altri giochi a estrazione precedenti (la Lotteria della sagra, la Roulette ecc.), è praticamente un fatto intimo e privato di ciascun giocatore, in particolare per la “numerologia” e per il motivo che porta a scegliere un numero in particolare. Nelle Lotterie nazionali invece, si arriva al punto che i milioni di partecipanti hanno stimoli e informazioni letteralmente identici per tutti, tale che i loro comportamenti possono essere molto più guidati.
Inoltre l'evoluzione delle Lotterie nazionali è totale e completa; per quanto possa sembrare che le loro meccaniche abbiano subito modifiche minime rispetto ai loro antecedenti, proprio per l'elementarità di questi sistemi ludici sono invece essenziali, ma su questo, per fortuna, ho già scritto nel saggio.
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