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Ditesti

mercoledì 25 novembre 2020

Romulus, la serie, il primo scivolone

 Definita una serie TV italiana "innovativa" da alcuni siti web specializzati nello scrivere cose sull'argomento in modo che neppure gli stretti addetti tecnici ai lavori ci avrebbero capito bene qualcosa, effettivamente questa serie propone qualcosa di diverso. 

Innanzitutto c'è un'ottima mescola tra le poche (pochissime) fonti storiche certe del perioro arcaico della penisola e la libertà di scrivere una storia che dovrebbe portare alla fondazione di Roma, che non si cura minimamente di aderire alla leggenda. D'altronde cosa mai credete si sappia davvero di quello che è successo tra X e IX secolo a.C.?, quasi niente.




Piacevolissima è la scenografia e la fotografia: tutto sembra molto vero, nessuna forzatura di nessun genere, e soprattutto è da sottolineare lo sforzo di ricavare la mentalità antica delle genti di quel periodo e di trasporlo nella recitazione. Probabilmente questo aspetto passa inosservato allo spettatore medio, ma è proprio quello che dà un certo fascino alla narrazione seriale: abbiamo personaggi che ragionao quasi "al rovescio" di come siamo abituati noi (tra quelli che ragionano ovviamente), dove ogni segno della natura e dell'ambiente era manifestazione della volontà divina, da tenere in assoluta considerazione, pena la morte. Ne conseguono comportamenti a volte del tutto scriteriati (per noi), illogici, estremi, mal ponderati, e la percezione palpabile del sentimento di paura primigenia negli uomini e nelle donne di fronte ai fatti della vita, della morte, della natura, della guerra ecc: oggi sbarrati, bocche stupite, urla, strida, reazioni convulse, riflessi animaleschi e via dicendo. Anche la lentezza della storia, le sue pause, i suoi vuoti, ci cadono a pennello.

Quanto tutto ciò sia davvero stato costruito a tavolino o emerga per obliquo ai miei occhi, non so stabilirlo, però, arriviamo all'ottava puntata e troviamo il figlio del di Gabi Lausus che ottiene l'aiuto dei seguiaci di Rumia guidati da Wiros per riprendere il controllo della sua città occupata dalle truppe di Alba del re Amulius... ovviamente non vi faccio la sinossi di tutto quanto, guardatevi la serie.

I "vendicatori" hanno la meglio (con uno stratagemma da Iliade e guarda caso un greco di mezzo): Gabi torna nelle mani del legittimo erede. Poi succede che una donna della tribù (di Umbri Oschi, non tra le più gentili della penisola dei tempi) dei boschi devota a Rumia, fa quello che si fa sempre: strappa il cuore dal cadavere di un nemico ucciso e lo prende a morsi... tradizione, devozione, rito, ecc. Ovviamente: si apra il cielo! Niente è più grave ed offensivo per una tribù di Latini che la profanazione di un cadavedere (di un altro Latino tra l'altro): Padre Juppiter punirà il sacrilegio con una maledizione corale su tutta Gabi.

Siamo al classico conflitto diplomatico sorto da mancata mediazione interculturale, succede, e succedeva spesso. Lausus di Gabi pretende che la sacrilega venga punita a frustate finché non spira: i seguaci di Rumia ovviamente si oppongono perché non ne capiscono il senso, e se lo capiscono vedono tutto alla rovescia.

E fin qui ci siamo pure su questo.... Poi però il tutto finisce come te l'aspetti dannatamente e ti calano le palpebre: Wiros a capo dei seguaci di Rumia, dopo aver cercato di contrattare, si offre lui come bersaglio delle frustate al posto della sua compagna... e questo gli farà guadagnare punti agli occhi dei Latini, un bel tesoretto per le vicende che verranno.

Il punto però è per quale ragione hanno inserito in una storia che appariva funzionare e offrire qualcosa di diverso per davvero, questa scena così monotona, ritrita e noiosa? Ci sarebbero state ben altre brutalità a cui mettere mano... ma forse la mano che tira i fili non è esattamente la migliore.

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