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Ditesti

giovedì 9 giugno 2022

I «Gratta & Vinci». Ovvero: perché le teorie sul ludus devono essere (sempre) aggiornate

 Sotto il video l'articolo aiuta a fissare meglio i concetti che non sono riuscito a esprimere andando a braccio


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 Si può obiettare che – dato che c'ero – nell'articolo precedente avrei potuto inserire anche i Gratta & Vinci come un fenomeno d'evoluzione storica dei giochi aleatori a estrazione. Ma non è proprio così e i Gratta & Vinci hanno un altro significato “storico”. Essi dimostrano, con la loro stessa esistenza, che la teoria di Caillois è stata tutt'altro che definitiva (e si può pensare con certezza che neppure Caillois in persona credeva d'aver portato il suo lavoro a tale livello).

Vado ora ad analizzare questo gioco e si noterà – testo del professore francese alla mano – che i principi ludici incorporati dai Gratta & Vinci non sono stati contemplati. I Gratta & Vinci sono un gioco a estrazione senza dubbio, ma – vedi l'estratto del mio saggio sotto forma di immagine in fondo – si appoggiano senza possibilità di obiezione a un gioco vecchio, se non antichissimo, che possiamo individuare nelle attuali «pesche di beneficenza». Che una «pesca» sia un'estrazione è sicuro: è proprio il gesto che la definisce, ma le meccaniche dei giochi a estrazione sono così sottili e per isolarle serve la massima attenzione, perché differiscono così poco nelle loro manifestazioni. Va quindi notato che le «pesche» non hanno uno strumento “intermedio” fisico e visualizzabile posto tra il giocatore e la “Fortuna”.

Intendo che in tutti gli altri giochi aleatori a estrazione c'è un qualche tipo di supporto a disposizione del giocatore, che serve per giocare e per visualizzare concretamente il gioco in atto; può essere una ruota numerata, un tabellone o anche soltanto il biglietto acquistato. Che ci sia un “marchio identificativo” sul supporto del gioco fa una netta differenza rispetto a una grande palla di vetro o una sacca nella quale la fortuna si nasconde annidata tra tanti ovuli o foglietti di carta arrotolati del tutto indistinguibili l'uno dall'altro. In quest'ultimo genere di meccaniche ludiche (perché anche queste sono delle meccaniche per alcuni giochi) il caso è totalmente muto e anonimo: non c'è alcun punto d'appoggio per i giocatori, che sia in grado di offrire loro lo spunto per una qualche strategia o una “para-strategia” (come dimostro nel saggio nei giochi aleatori molte strategie sono del tutto inutili e illusorie), perché quando le cose sono del tutto indefinite manca la possibilità di attribuire dei «simboli»; senza segni nessuno può inventare dei significati.

L'aspetto più interessante di questo genere di giochi aleatori a estrazione “illimitati” (vedi oltre perché “illimitati”) è che essi portano la meccanica ludica oltre ogni limite e per di più essi non creano alcun “sospetto” o inquietudine nel far ritrovare i giocatori in una dimensione letteralmente infinita. Finora ho illustrato tipi di giochi appartenenti a diverse macrocategorie generali che avevano come aspetto determinante il porre in essere universi ludici fatti e finiti, in cui la realtà si sospende e si adottano regole inconsuete o incongruenti nel mondo anti-ludico (cioè quello che si abita quando non si gioca). Riprendiamo il gioco dei dadi o degli Scacchi presentanti nell'articolo precedente: quando questi giochi sono in atto, il loro mondo si costituisce attraverso le loro regole e meccaniche senza che ci sia spazio per altro, e questo continua a valere per molti altri giochi aleatori affrontati nelle pagine del mio saggio, ma non per i giochi che funzionano come «Pesche di beneficenza».

Senza punti di riferimento (fissi o mobili) non è possibile costruire alcun tipo di universo (anche se poi lo stesso Universo che si estende intorno al Sistema solare è una concettualizzazione, e non vale molto fare la differenza tra astratto e concreto in questi casi). In più nel caso di una «Pesca» è possibile inserire nel contenitore degli esiti a sorte un numero indefinito di ovuli o foglietti, nel senso che il loro numero può infine risultare ignoto a tutti, e questo apre la strada alla possibilità di un numero infinito di sorteggi disponibili; i Gratta & Vinci vengono stampati in grandissimo numero, anzi in molte diverse varianti per le quali sono previste molte serie. Ogni serie è stampata e poi ristampata per rimettere in palio più volte lo stesso montepremi, suddiviso in quantità predeterminate di tagliandi vincenti; ma qualcuno riesce ad affermare quanti Gratta & Vinci esistono in assoluto? No, perché non si può prevedere il termine di questa lotteria statale che dura da anni senza un limite o un termine deciso a priori.

Prendiamo questo elemento e coniughiamolo con l'elemento che i biglietti dei Gratta & Vinci sono tutti “muti”, nessuno ha un tratto identificativo a differenza dei biglietti della Lotteria nazionale con estrazione durante la notte dell'Epifania. Il gioco dei dadi, la Roulette, qualsiasi altra lotteria dalle dimensioni inferiori alla Lotteria nazionale offrono una serie di scelte ai giocatori limitate e chiare, i Gratta & Vinci invece sono illimitati sotto questo aspetto, sfuggono a ogni controllo del giocatore che, salvo le notizie ricorrenti sulle vincite eclatanti, non può sapere quante vittorie sono state ottenute nel momento in cui va ad acquistare il biglietto, e può anche avvenire il caso che si vada a comprare il biglietto di una serie nella quale tutti i tagliandi vincenti sono già stati venduti e riscossi (seppure credo che i Monopoli di Stato abbiano già previsto e ricorso contro questa possibilità).

Quindi la questione che sorge si riassume nella domanda «quando si chiude il gioco?»; nei casinò si può giocare alla Roulette anche centinaia di volte in una serata, così come alle Slot-machine nei bar, ma ogni turno di ruota è un gioco che si apre e si chiude, la sua continuità è limitata nel tempo in modo molto preciso – e ristretto. Si può dire la stessa cosa per i Gratta & Vinci?: il gioco inizia quando si compra il biglietto e termina quando si è finito di rimuovere la patina argentata o dorata che nasconde il responso della sorte? No, perché sebbene “grattare” il biglietto appare essere un gioco individuale simile a quello che si fa con le Slot-machine, il “grattatore” partecipa e in un certo modo compete con tutti gli altri “grattatori” per i premi monetari racchiusi all'interno della stessa serie, mentre le «macchinette mangiasoldi» in caso di vincita corrispondono quote fisse e proporzionali per i punteggi ottenuti (e neanche certi casi di “Jackpot” dei casinò americani, dove le macchine accumulano un superpremio che cresce a ogni giocata le avvicina ai Gratta & Vinci).

Ritorna di nuovo e si rinforza ancora la caratteristica «illimitata» di questo gioco, il quale seppure può presentarsi con le stesse caratteristiche abitudinarie di molti altri, al suo interno possiede principi e meccaniche che lo pongono del tutto a parte – accade spesso per i giochi aleatori: il sembiante manifestato non corrisponde ai meccanismi interni, come ho esposto ogni volta che la cosa si presentava nel mio saggio e in un articolo su questo blog.

Quindi per concludere, credo d'aver mostrato diversi punti che manifestano oggettivamente due cose: anche i giochi aleatori hanno un'evoluzione storica molto interessante e vivace, persino quando possiamo ritrovare degli archetipi antichi nelle forme moderne; infine proprio per queste mutazioni non è possibile affermare che siamo arrivati al punto di avere delle teorie definitive sul ludus


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