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Ditesti

lunedì 11 luglio 2022

Una pseudoconclusione sull'Alea

 



Noi possiamo conoscere le cose del mondo e dell'universo, quelle visibili e invisibili quelle del passato e quelle che ancora devono venire, in due modi: rappresentandole oppure penetrandole. Sono queste le due “tecniche” della conoscenza umana quando è alla ricerca di verità. Rappresentiamo le verità quando ne facciamo in un modo qualsiasi un “disegno” rendendo le loro manifestazioni così come possiamo vederle, oppure così come possiamo intuirle o immaginarle. Invece penetriamo le verità, quando di fronte a una cosa misteriosa riusciamo a svelare quello che per noi è la sua “natura”, e che cosa sia effettivamente poi non ha importanza, perché quando si riesce a capire come “una cosa” funziona e riusciamo a stabilire con esattezza quali cause sono responsabili di quali effetti, la cosa di cui abbiamo penetrato i misteri entra a far parte del mondo degli umani sotto il nostro dominio – anche se a volte queste cose si imbizzarriscono e rivendicano la loro alienità.


Quella che io chiamo Alea (ma non è una mia invenzione) è una delle “cose” del mondo umano e non, tra le più complicate e critiche da rappresentare e penetrare, forse perché è in parte impenetrabile e sfuggente. Sul saggio in formato eBook l'ho definita «divinità» ma probabilmente è stato un errore e ho intenzione di cambiare il suo aggettivo primario con «causa», ma non posso eliminare il fatto che nel mondo degli uomini essa sia da sempre una presenza aliena.

Sul saggio, a cui vi rimando segnalando la sua versione in letturaintegrale e gratuita, credo d'essere riuscito nell'operazione relativamente semplice di dare una rappresentazione all'Alea nei riguardi dei giochi che anima. Credo altrettanto che la mia affermazione sulla sua supra-naturalità possa essere accettata – magari non alla prima lettura – perché di fronte a tutte le norme stabilite dalle scienze, quelle pure, quelle applicate e quelle naturali, i suoi meccanismi non possono essere né determinati né controllati, ma solo contenuti. Se ciò per molti aspetti della vita è solo un problema relativo, per il mondo dei giochi e per la vita essenzialmente umana è una sorta di ultima soglia che non può essere varcata, ma dalla quale possono provenire cose assolute ed essenziali.

Restiamo, per ora, all'interno degli universi ludici. In molti giochi oggi popolari: giochi da tavolo, videogiochi, giochi di ruolo e altro, l'Alea è presente ma pesantemente imbrigliata; ci sono centinaia di sistemi di gioco che sfruttano la generazione casuale di valori per determinare gli esiti e le situazioni che avvengono all'interno dei mondi virtuali; in particolare nei giochi elettronici si può arrivare all'uso di algoritmi, che riescono addomesticare così tanto la “bestia” che essa apporta al gioco, spesso, e in base alle scelte degli autori, variabili solo secondarie mai decisive.

Ma nei giochi aleatori la Fortuna è del tutto libera di agire, tanto che i nostri tentativi di umanizzarla («cieca», «capricciosa» ecc.) sono solo proposizioni vuote, mentre essa resta costantemente al centro di ogni questione, perché nei giochi d'azzardo è tutto: essa dà il responso su chi vince e chi perde, e ogni esperienza di gioco aleatorio è legata fondamentalmente alla vittoria.

Poi è inevitabile: quando si intraprende questo genere di discorso, non è possibile arrestarlo entro i limiti dei giochi; la mente ritrova inesorabilmente la presenza dell'Alea anche nella «vita fuori», quella in cui da secoli la scienza cerca di azzerare l'esistenza della Fortuna (o meglio del caso insensato), ma non è mai riuscita fino in fondo. Callois per questo aspetto non ebbe la cosiddetta mano leggera: il suo libro è molto di più d'un manuale o di un'analisi per esperti e appassionati di giochi, nel quale trovare spiegazioni tecniche e storiche su regole, strategie e architetture ludiche; in esso invece si trovano molto di più segnalazioni su come i giochi istituzionalizzati influenzavano (ai tempi della sua stesura) la vita reale delle persone e anche, ma soprattutto, come i principi fondanti dei giochi non fondavano solo questi, ma si ritrovavano sempre in ben altre istituzioni umane, fino a determinare alcune condizioni umane stesse; che se messe, per esempio, sotto la prospettiva dell'Alea, raggiungono posizioni esistenziali e ontologiche: cosa dire al riguardo di chi nasce con un titolo nobiliare ereditato direttamente non appena viene al mondo?, pone Callois, e di chi entra nel mondo provenendo da una famiglia ricchissima?, e il Socialismo – che allora competeva con il Capitalismo per essere il paradigma della modernità – sarebbe riuscito a distruggere tutte queste ineguali e inqualificabili selezioni compiute dalla sorte, che pone differenze incolmabili tra gli uomini e le donne senza che nessuno abbia mai fatto nulla per meritarsi di nascere ricco o povero, bello o brutto, dotato o scemo?

Io non voglio soffermarmi su queste domande né dare di loro una qualunque risposta, perché credo che esse siano superabili allorquando individuiamo il nostro difficile rapporto e posizione nei confronti dell'Alea.

Questo tema dovrebbe essere l'oggetto di un lavoro molto corposo, il cui titolo potrebbe essere «Storia della Fortuna nelle discipline umanistiche» e comportare una scrupolosa raccolta e analisi del concetto nelle molteplici dottrine filosofiche, nelle concezioni religiose, nelle convenzioni letterarie fino al pensiero scientifico moderno e alla riflessione psicologica; il tutto sottoposto a una verifica basta su due pietre di paragone: tra chi crede nell'esistenza del destino come qualcosa di realmente soprannaturale e divino e tra chi, invece, nega ogni dimensione superna e, nichilista o meno che sia, vede nell'Alea solo il “caso”: un caso per nient'affatto semplice e innocuo, perché sarebbe quella dimensione aliena oltre i nostri confini della conoscenza e della prevedibilità, con cui dobbiamo fare in conti per cose piccole e cose enormi.

Sull'introduzione al saggio «I giochi aleatori» in formato eBook scrissi che non era mia intenzione dedicarmi al tema in oggetto prima d'aver passato in rassegna le opere sui giochi di altri autori classici e aver dettagliatamente discusso dei giochi di mimicry, ma i fatti d'«attualità» di quel periodo (tra 2020 e 2021) mi avevano fatto sentire la necessità di addentrarmi in questa dimensione di caos, imprevedibilità, possibilità e probabilità. Il motivo si può intuire anche senza il bisogno che lo metta in chiaro: la pandemia del Covid19.

Non guardo con alcuna simpatia le tesi pseudo-razionali e pseudo-scientifiche dei complottisti, simpatia non ho neppure per chi osteggia e rifiuta i vaccini, la scienza e le misure di politica sanitaria necessarie.

La pandemia di Covid19 è un evento storico ancora in corso che ha, purtroppo, forti possibilità di trasformare profondamente la storia mondiale per un lungo periodo di tempo, forse addirittura la guerra attualmente in corso nell'Est Europa sarà vista come un effetto della pandemia piuttosto che come scelte di geopolitica imperialista degli Stati coinvolti, questo non lo si può affermare con certezza. Posso invece asserire che nella mia formazione in studi storici ho adottato il principio dell'Evento come strumento di lettura: un Evento, quando si verifica, comporta trasformazioni importanti e lunghe se non radicali e permanenti alla vita umana; inoltre un Evento non è mai prevedibile né nel momento stesso che si verifica né in una previsione sul breve o medio periodo; infine un Evento storico è irripetibile. La pandemia di Covid19 appare al limite di questa concettualizzazione, se non è propriamente ambigua e mercuriale.

Il virus è riuscito ad attaccare su scala planetarie la nostra specie attraverso una mutazione delle sue molecole che gli ha permesso di entrare negli organismi degli esseri umani. Ma scritta in questi termini significa conferire al virus una sorta d'intelligenza o di senzienza che invece gli sono del tutto assenti; quella dei virus non è neanche una vita animale o microrganica, ma solo il più basso grado di replicazione biologica degli organismi, la quale agisce su un terreno incomprensibile (persino in senso quantitativo) e infinito.

Forse ogni giorno milioni di virus mutano: uno di loro entra in una cellula di un organismo ospite, la infetta sostituendo il DNA della cellula con il suo RNA e qui quel virus muore così come la cellula ospite e può uscirne un nuovo virus con caratteristiche diverse. Quest'ultimo potrebbe fallire nella sua missione perché incapace di replicarsi o aggredire la prossima cellula, e quest'evoluzione arriva a un punto morto; altre volte può essere l'inizio di una tragedia.

Noi sappiamo come questo avviene e avremmo anche molte scienze che possono illustrare e inquadrare il fenomeno, la matematica probabilmente dovrebbe essere diventata la più adatta da quando siamo riusciti a comprendere i meccanismi sub-cellulari e combinatori della biologia e riconosciamo i virus per le loro molecole. Ora arriva il momento della domanda paradossale ma necessaria, perché per verificare la validità di un pensiero, insegnano i maestri, esso va spinto fino all'orizzonte più estremo che si può concepire. Quindi: riusciremo mai a dominare con le scienze un campo di possibilità che dipende da trilioni di trilioni di fattori?

Non è questo il momento per schivare la domanda e porre un paragone sarcastico di dubbio gusto che confronti tutto ciò con la capacità d'investimento miliardarie in energia, macchine e forza-lavoro intellettuale, atte a cercare schemi d'intelligibilità e prevedibilità per i comportamento umani in campo commerciale, ossia gli «algoritmi» che riescono a gestire la comunicazione sociale integrata globalmente, allo scopo di individuare cose come quale deodorante avrà la migliore resa nelle vendite il mese prossimo.

Il comportamento umano, dotato di coscienza quanto di stupidità, proprio per questo è prevedibile; siamo in grado di prevedere anche il nostro irrazionale. Ma oltre l'universo umano ce n'è un altro le cui leggi possiamo solo intuirle e spesso neppure in modo vagamente efficiente: sto scrivendo tutto questo in un giorno di un'estate in cui c'è una quantità e un'intensità di contagi che, nella breve memoria storica della pandemia, abbiamo registrato solo nei mesi più freddi del passato – nessuno aveva idea che d'estate si potessero avere così tanto malati al giorno. Si sapeva con certezza del manifestarsi di una nuova variante, anzi quella attualmente dominante era già nota, ma non è stato affatto possibile capacitarsi delle sue specifiche conseguenze. Se le forme virali che ora imperversano, dicono i medici, sembrano più vicine ai “classici” Coronavirus, relativamente poco pericolosi, anche se mai tanto contagiosi quanto quella classificata come BA.5, non possiamo azzardare minimamente che tutto stia per finire. Il rischio di una variante assassina non può essere escluso.

Non avremo mai il potere assoluto sul mondo alieno all'esterno del nostro mondo umano. L'analisi e la teoria dei giochi aleatori gettano una luce essenziale su questo punto: si può giungere all'individuazione di una «causa» degli eventi che non può avere altro genere di determinazione, che appare essere sovrannaturale in senso tecnico-logico e aliena, in quanto non può esser coperta da nessuno schema d'intelligibilità che abbia un senso e che possa essere imputato intrinseco alla causa, e nei giochi aleatori possiamo chiamarla Alea.

Nonostante l'Alea dovrebbe essere considerata unicamente un fatto, atto a muovere sistemi ludici, le donne e gli uomini sembrano incapaci di mantenerla relegata a quest'ambito, e ancor meno riescono a mantenerla come una concetto puro: quasi forzatamente tentano sempre e comunque di negare la sua alienità rispetto all'universo umano e provano a “tirarla dentro” dandole un volto, una personalità, una supposta volontà, affiancandola al divino o a questo attribuirla.

Nel mondo dei giochi atteggiamenti di questo tipo provocano la creazione di caos e irrazionalità, il che è palesemente giusto e adeguato: il ludus è tale; senza un momento in cui saltano gli schemi dell'oggettività riguardo al sorteggio di un numero in favore del personale significato attribuito a quel numero da parte di un giocatore, nessuno sarebbe spinto a entrare nei mondi illusorio del gioco.

Faccenda radicalmente diversa è quella che invece pone l'avvenire di una o più persone nelle “mani” di questa forza che per molti significa riporre fiducia nel destino, abbandonarsi a esso, essere convinti che il fato esista ed essere convinti di avere un posto speciale e particolare nel mondo, infine è avere una fede, ma spesso mal riposta.

Più si confida sull'Alea nella «vita fuori» (dal gioco) più si crede che essa sia all'opera anche quando invece non c'è proprio nulla su cui scommettere per ottenere una vittoria “immeritata”.

Tornando alla pandemia, i casi in cui c'è stato questo scambio di pensiero sono stati innumerevoli, nelle scelte individuali e in quelle globali. Sopratutto sulle seconde va posta attenzione, perché, e per esempio, appare molto complicato discernere se quando alcuni governi, tra cui quelli inglese e svedese, fecero quella scelta drammaticamente fallimentare sull'immunità di gregge nella prima metà del 2020, se politici, medici e altri scienziati arrivando a quella decisione, la sbagliarono per errori tecnici di previsione scientifica, oppure per un abbaglio predittivo basato su fattori non scientifici, che possono essere tollerati, data la natura imprevista e, in passato, sconosciuta del patogeno.

Non è possibile vivere senza azzardare qualcosa nelle scelte, ma la scienza serve proprio per ridurre le scelte aleatorie. In particolare il pensiero scientifico razionale serve per rovesciare quel modo umano, molto umano, anche troppo umano di ragionare, che molti trovano perfettamente esemplificato dagli schemi mentali dell'antico popolo etrusco. Ai loro tempi, seppure non fossero né costretti né limitati dalle conoscenze disponibili, non vedevano la realtà manifestarsi attraverso degli effetti dipendenti da cause, al contrario ogni fenomeno era un segno che presagiva una conseguenza; così la maggior parte dei fenomeni naturali, per esempio tuoni, fulmini, voli degli uccelli ecc., non erano indagati, non erano spiegati, ma solo interpretati e avvalorati d'un qualche senso o significato che solo superficialmente si accostava a una verità razionale, al limite solo quando si elaborava un simbolo.

Tutto questo può accadere facilmente ancora oggi, e infatti accade spesso nelle scelte minute e a volte anche per quelle importanti, come ho scritto tante volte da dar fastidio ormai. E in certi casi l'Alea pare persino non entrare in nulla in queste decisioni, ma non è così: dove non abbiamo certezza su quello che accadrà, essa è presente e prende posto nel nostro pensiero. Possiamo cercare di addomesticarla, che significa – però – soltanto giustificare le nostre scelte alla coscienza, considerandola probabilità statistica o meno; oppure c'è chi alla sua natura oggettivamente sovrannaturale aggiunte un'altra vestigia irrazionale. Così occulta l'Alea ancora di più alla percezione della razionalità, e quando si sbaglia e si fallisce, la capacità di riconoscere quanto si sbaglia e di quanto si fallisce è spinta oltre la portata della comprensione umana.




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